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Poker e strategia da torneo: il pot-control

Jennifer HarmanCon la sua grande esperienza da professionista, Jennifer Harman ci parla di pot-control e di come una corretta gestione della dimensione del piatto possa rendere più facile l’identificazione delle migliori scelte di gioco.

“Il poker è un gioco fatto di decisioni. Alcune sono piuttosto facili da prendere mentre altre potranno tenervi svegli la notte se non ben ponderate. Nella mia esperienza, maggiore sarà la dimensione del piatto e più difficile sarà la decisione a cui verrete messi di fronte. Al contrario, minora sarà il piatto e più facile sarà capire come agire.

Ed è per questo motivo, soprattutto nei tornei, che vorrete tenere il pot basso quando in possesso di una mano marginale. Non vorrete trovarvi di fronte alla scelta di dover rischiare tutte le vostre chips in una situazione dove tutto quello che avete è una top-pair con un kicker di media forza. Dovrete invece cercare di evitare il più possibile tali contesti, ricorrendo magari ad un check o ad un call piuttosto che avventurarvi nella costruzione di un piatto enorme. E questo vale anche quando siete leggermente in vantaggio rispetto agli altri.

Per meglio chiarire il concetto, vi riporto allora una mano che ho giocato alle World Series of Poker 2009. Eravamo ancora nell’early-stage di un torneo, ed io mi trovavo in posizione di cut-off con K-J. Dopo che tutti hanno fatto fold, ho rilanciato trovando il call solo dal ragazzo sul bottone. Anche gli avversari sui bui hanno passato e quindi al flop siamo andati in heads-up. Il dealer ha distribuito J-9-3 con due quadri, facendomi chiudere una top pair con un kicker piuttosto forte. Tuttavia sul board c’erano possibilità sia di colore che di scala, e quindi non ero dell’idea di spingere troppo con il mio punto. Ho fatto allora check e l’altro ha invece puntato 2/3 del piatto. La mia mossa avrebbe potuto senz’altro spingerlo a bluffare in quello spot, specialmente se mi metteva su qualcosa come A-K o A-Q. Però magari poteva avere anche una drawing-hand, ma io ho fatto comunque call.

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Sul turn è sceso un innocuo 5, non a quadri, che probabilmente non aveva aiutato il mio avversario. Toccava a me parlare e allora ho deciso di procedere ancora di check per fare pot-control; se avessi puntato, infatti, lui poteva contro-rilanciarmi magari con un monster-draw, cercando di buttarmi fuori dalla mano. Tuttavia le mie carte mi piacevano abbastanza, anche se comunque non sarei andata ‘broke’ con esse.

L’altro ha puntato di nuovo e dopo il mio call sul river è arrivato infine un 2 a fiori, che stava a significare che non s’erano chiusi né il flush draw e né il progetto di scala. Pur ritenendo di avere il punteggio migliore, ho fatto check per la terza volta, e sapete perchè? C’era da considerare la piccola possibilità che l’altro avesse beccato un set o anche una doppia coppia, quindi era meglio seguire una linea check/call piuttosto che confrontarsi con una dura decisione se l’altro avesse rilanciato. Inoltre, se aveva giocato con air, allora il mio check poteva indurlo a bluffarmi sul river.

Lui comunque si è adeguato alla mia azione, ed ha poi buttato le carte nel muck alla vista della mia top-pair. Certo, non ho vinto un gran piatto, ma non ho neanche rischiato di perderne uno grosso. Le decisione che ho dovuto prendere durante tutto lo svolgimente della mano sono state molto più semplici grazie ad un corretto pot-control.”

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