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Il poker ed il mostro del tilt

Spesso quando parliamo del tilt legato al gioco del poker, ci soffermiamo su come riconoscerlo od evitarlo: proviamo invece a ipotizzare da cosa possa nascere, questo senso di distacco e frustrazione.

Riferirsi al tilt come ad un mostro appare enfatico, ma non azzardato. Proprio come alcuni mostri nati fra paure e fantasie, anche il tilt può assumere forme diverse: qui abbiamo scelto di soffermarci su una tra le più comuni, quella che scatena comportamenti rabbiosi.

Una delle ragioni, ad opinione di chi scrive, per cui alcuni giocatori sono soggetti a sviluppare questa forma di tilt, ad alzare le grate che liberano questo mostro, deriva dalla sostanziale scollatura fra certi aspetti culturali che abbiamo appreso, e la frustrazione che nasce dal vederli disattesi.

Fin da piccoli, siamo stati educati circa l’importanza di un comportamento corretto, e di come atteggiamenti virtuosi vengano ricompensati, laddove gli sbagli presto o tardi si paghino.

Il problema è che nel poker – a differenza di altre esperienze della nostra vita – esiste il lungo periodo. Questo comporta che la nostra ricompensa o punizione possa essere procrastinata nel tempo, al contrario di quanto accade di solito.

Benché tutti noi si preferisca essere ricompensati piuttosto che puniti, di solito nel quotidiano fra ciò che facciamo e ciò che ne consegue c’è una certa correlazione lineare.

Banalmente, se mi preparo bene per un esame so che tendenzialmente verrò ricompensato, mentre se farò una brutta prova mi aspetterò un risultato  mediocre. Un ragionamento analogo è possibile applicarlo al lavoro, allo sport, perfino alle nostre relazioni con gli altri, ma non al poker. O almeno, non sùbito.

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Sappiamo benissimo che, nel lungo periodo, anche nel poker scelte giuste saranno premiate mentre scelte sbagliate punite, ma questa consapevolezza razionale in certi momenti cozza terribilmente con la nostra esperienza.

Una bad beat è un’esperienza reale, non meno che prendere una multa per divieto di sosta. La differenza sta nel fatto che in una bad beat non c’è alcuna correlazione percepita, fra l’azione e la sua conseguenza, ma anzi si realizza l’opposto. E’ evidente che questa discrepanza possiamo arrivare a viverla come una profonda ingiustizia.

Chi sbatte il mouse sul tavolo o scaglia qualcosa contro il muro, è probabile che non stia semplicemente sfogando la rabbia. Inconsciamente – come in una sorta di contrappasso – sta infierendo contro qualcosa che è alla sua mercè, e che non ha nessuna colpa. Proprio come lui.

Siamo noi stessi, che ci sentiamo ingiustamente sbattuti per terra o nel muro, e siccome non possiamo sottrarci a tutto questo, vogliamo almeno avere la soddisfazione di poter fare “a qualcos’altro” ciò che è appena stato fatto a noi.

Riflettere su questi meccanismi, certamente parziali in questa breve esposizione, pur non potendo sradicare facilmente un fenomeno complesso come quello del tilt può magari ridurlo, ridimensionarlo: in fondo, tenere a bada un gattino è ben diverso dall’avere a che fare con un mostro…

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