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Candio: ‘ho dichiarato tutto in Italia. Non chiudo con il poker’

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A più di un anno di distanza dalla nostra ultima trasferta a Kiev, durante il Russian Poker Tour, ho rivisto Filippo Candio in un angolo magico dell'isola di Malta, a Portomaso. Da allora ne sono capitate di cose (un paio di tsunami mediatici si sono abbattuti su di lui) ma la grinta è sempre la stessa, così come la voglia far emergere la verità.

Dai meno 15 gradi del febbraio ucraino ai 22 di Malta, le prospettive cambiano. E’ caldo, la primavera è esplosa sull’isola del Mediterraneo e con l’atmosfera giusta, Pippo è un fiume in piena, pronto a giocare a carte scoperte, pur di far capire a tutti la sua buona fede.

C’è da fare una breve premessa: è un mio grande rammarico, non essere mai stato in grado di descrivere e far capire ai nostri lettori, chi è realmente Filippo: l'uomo trentenne che si cela dietro al “personaggio”, quasi creato ad arte a Las Vegas, su misura, per quella che è stata un’impresa storica che ha dato una svolta ed una spinta decisa al movimento italiano, nel momento d’oro del mercato mondiale. E’ stato al top nel momento top.

Mi rendo conto che il compito non sia affatto semplice, quello di provare solo a far percepire il 5% di Filippo live, nel quotidiano. La missione ha – senza dubbio - una buona dose di difficoltà. Lui stesso ammette scherzosamente: “sono bipolare, pensavo fosse una malattia o un handicap ma in realtà nel tempo si è rivelata una risorsa preziosissima che mi ha permesso di essere molto pragmatico e coerente nel raggiungere certi obiettivi”.

Gli chiedo se la coerenza è una qualità dei sardi e lui commenta in modo onesto: “L’isola in generale, ti costringe a rapportarti sempre con le stesse persone all’infinito e pertanto devi essere coerente per forza, per mantenere e difendere la tua credibilità. Se ti bruci non hai più possibilità di rientrare”. 

Nelle intenzioni, questa è più un’intervista all’uomo che al player: il poker è solo il pretesto per raccontare chi c’è realmente dietro all’unico November Nine italiano. E così, dopo tre ore, a seguito di uno scambio serrato di idee di filosofia del diritto, in un confronto aperto e sincero sull’interpretazioni di leggi fiscali e concetti socio-politici e storici (per comprendere bene il contesto nel quale si trova in questo momento il poker italiano), entriamo a bomba sulle sue ultime vicende personali e condividiamo il Candio pensiero con gli amici assopokeristi.

Filippo, il servizio del TG5 e i rumors apparsi sulla stampa sarda avrebbero abbattuto un toroAl momento, è bene ripeterlo, non ti è arrivato nessun avviso di garanzia ma c’è in corso una verifica nei tuoi confronti da parte dell’Agenzia delle Entrate. Cosa ha intenzione di fare? Molti tuoi colleghi sono andati all’estero, studi di questo trend nei confronti della categoria. 

In tutte le situazioni che ti propone la vita, devi vincere la paura, sempre. E’ quello che fa la differenza. Io voglio rimanere in Italia e dimostrare a tutti che ho ragione. Io sono sicuro di questo. Voglio dimostrare alla mia gente, davanti alla mia comunità che ho agito sempre in buona fede. Non mi sono mai nascosto e non ho mai nascosto i miei soldi. Ho dichiarato tutto allo stato italiano ma, da un certo punto di vista, mi rendo conto che quello che pensa la gente della strada ha un peso per me, come per tutti noi. Inutile negarlo o fuggire dinanzi alle proprie responsabilità. 

Non è possibile entrare ora nei dettagli tecnici per una questione di riservatezza ma anche perché ci vorrebbe un’home page intera di Assopoker. Però puoi spiegare in breve, cosa ti rende così ottimista e deciso nelle tue posizioni?

Dal mio lato c’è buona fede e un vuoto legislativo totale. Non solo, ci sono anche delle leggi a mio favore che mi rendono sereno sull’esito finale di questa vicenda con il fisco e lo stato. In ogni caso, siccome non sempre chi ha ragione vince, nel caso in cui si dovesse chiudere tutto in maniera negativa, io rispetterò le sentenze. Perché non si combatte l’ingiustizia con l’ingiustizia. Di sicuro non scapperò e inizierò da zero come ho fatto altre volte nella mia vita.

Ma smetterai realmente di giocare? Noi non ci crediamo alla tua provocazione. 

Per me è finito il gioco, in senso lato. Non è più come una volta. Continuerò con il poker ma il senso del “giocare” ha perso valore, si è svuotato.

E’ finito metaforicamente il gioco. Si apre un’altra fase della tua carriera? Oppure hai consapevolezze diverse?

Prendo atto di una verità amara ma oramai certa: il mestiere del poker player non è accettato dai più, dalla nostra società. 

Il poker non è accettato ma per quale ragione? Ci sono stati errori di comunicazione da parte di tutti noi: players ed addetti ai lavori?

Io in primis penso di aver sbagliato. Abbiamo fatto una guerra, raccontato troppe cose sbagliate, partendo da punti di vista sbagliati. Abbiamo combattuto sostenendo che il poker è un gioco d’abilità. Ma l’equivoco è proprio qui.

Gioco d’abilità ma non socialmente innocuo, quindi chi ha le skill va avanti (una percentuale minima) e chi non è preparato perde quasi sempre nel medio/lungo periodo. Forse dovremmo tutti fare un passo indietro e ritornare a sposare il concetto di poker inteso come divertimento/intrattenimento. Cosa ne pensi? L’errore più grosso commesso in questa guerra/missione per abilitare il poker a livello sociale? 

Abbiamo guerreggiato contro chi sosteneva che fosse un gioco d’azzardo. Invece dovevamo accettare il fatto che chi non conosce questo mondo, non può arrivare a certe conclusioni. Mai ci arriverà. Inoltre, altro errore, abbiamo perso di vista il contesto socio economico: ci siamo dimenticati in maniera palese della crisi internazionale perché nei periodi di crisi, il nostro settore continua a crescere.

Il poker è però in difficoltà (e dopo spiegheremo perché). Ti riferisci al gaming?

 Si. Il poker viene venduto in quel paniere ma c’entra come la Coca Cola con la birra. Io ho scelto – scherza - la birra. In qualsiasi caso, abbiamo sbagliato parecchio.

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Candio,con l'amico stilista egiziano Michele, definito da Filippo: 'il Boateng dell'alta moda milanese'

Qualche anno fa però avevi una percezione diversa del giochino e del contesto sociale in cui vivi?

Quando ero ragazzino ero molto più ingenuo. Ero convinto che questo mestiere portasse gloria. Il mio sogno era diventare un pro  sponsorizzato di PokerStars dell’amica Barbara (Beltrami, ndr): pensavo che fosse la realizzazione di un’esistenza. 

Oggi come valuti queste antiche ambizioni?

Sogni mediocri, però è normale: per un ragazzino sentirsi dire bravo è più importante che esserlo realmente. Cercavo ingenuamente un appagamento della mia personalità e, avendo una personalità difficilmente controllabile, io ho tentato in quel periodo quel tipo di appagamento. Per me era importante, cercare di essere conosciuto dai più, nonostante certi problemi. Ho sempre avuto difficoltà ad entrare in determinati schemi, perché ho sempre avuto schemi differenti rispetto agli altri.

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Ti consideri un uomo un po’ fuori dagli schemi?

Non comprendo gli schemi altrui, vorrei farlo ma trovo delle enormi difficoltà, soprattutto c’è un gap tra razionalità sociale rispetto alla mia razionalità personale.

Prima hai parlato di gloria, quando eri a Las Vegas e ti giocavi il titolo di campione del mondo, volavi? Quali erano le sensazioni di Filippo in quei giorni? Alla fine abbiamo parlato molto di poker ma poco di quello che avevi dentro.

Mi sentivo molto solo.

Per quale motivo?

Sono stati otto giorni intensi: quando smettevo di giocare, meditavo molto sulla mia esistenza e proprio in quel momento ero intenzionato a smettere di giocare. Erion (Islamay, ndr) era con me ed è testimone. Gli dicevo: finita questa esperienza, chiudo.

E’ un vizio dire: smetto con il poker?!?

Ma guarda io avrei smesso volentieri, se mi fosse stato permesso di scegliere.

Perché? Ti hanno costretto? Non mi risulta.

Non mi hanno permesso di poter utilizzare liberamente i miei soldi in Italia: avrei voluto fare cose da tanto tempo, ma non posso realizzarle. Se fosse stato possibile, io avrei smesso.

Questa tua affermazione implica però delle spiegazioni ai nostri lettori. Hai le mani legate? Per quali motivi?

Io in Italia non posso proprio fare nulla. Avendo questa situazione in corso, ho le mani legate e impedirò il realizzarsi di questa ingiustizia totale. Combatterò per chiarire tutto ma il mio atteggiamento è sempre stato di massima trasparenza. Non ho mai portato i miei soldi in Italia per una situazione paradossale. Ma allo Stato ho dichiarato regolarmente l’esistenza dei miei conti all’estero, non ho mai nascosto nulla come prevede la legge. Però allo stesso tempo, essendoci un meccanismo “mediocre”, non ho potuto portare questi fondi nel nostro paese, perché in automatico me li congelerebbero, in attesa di un responso finale che finalmente chiarirà tutti gli aspetti.

Come mi spiegavi prima, in confidenza, uno degli obiettivi di Filippo Candio come uomo è quello di investire e di creare occupazione, realizzare soprattutto progetti sociali per Cagliari e la tua Sardegna. Ci riuscirai?

Ci sto provando ma non ci sto riuscendo. Se mi avessero dato la libertà di poter interagire con i miei capitali, sono certo che tre, quattro anni fa, avrei creato, nel mio piccolo, benessere per molte persone della mia città.

Avresti iniziato da Cagliari?

Si, da lì. Come nel poker: il primo torneo l’ho vinto in un circolo. L’ultimo a Las Vegas, quando sono arrivato quarto. Iniziare dalla mia piccola base di partenza, per arrivare chissà dove e creare benessere per tutti.

Nella seconda parte, Filippo ci racconterà ancora molte cose inedite sulla sua carriera e la sua vita, oltre che sul poker italiano. A presto!

Fine prima parte intervista - continua

Editor in Chief Assopoker. Giornalista e consulente nel settore dei giochi da più di due decenni, dal 2010 lavora per Assopoker, la sua seconda famiglia. Ama il texas hold'em e il trading sportivo. Ha "sprecato" gli ultimi 20 anni della sua vita nello studio dei sistemi regolatori e fiscali delle scommesse e del gioco online/live in tutto il Mondo.
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