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Black Friday: un miliardo di rake in fumo per il poker USA

chris-fergusonIl black friday ha provocato due tsunami nel poker online: il primo il 15 aprile 2011 con conseguenze drastiche ed immediate (come vi abbiamo raccontato nel dettaglio nella precedente analisi) che di fatto ha chiuso i battenti dell'online statunitense (rappresentato al 90% dalle quattro rooms coinvolte nell’inchiesta).  Gli ingenti proventi del primo mercato mondiale finanziavano la promozione e lo sviluppo del gioco anche in Europa, Asia e Sud America.

Nel 2010, secondo uno studio curato delle Università di Amburgo e del Nevada, le rooms che operavano negli USA avevano registrato profitti complessivi (rake) pari a 981 milioni di dollari, quasi un miliardo. Un business colossale che è evaporato come neve al sole il 15.4.2011.

Diaspora
I players americani, di fatto, da quella data non possono più giocare su internet. Come vedremo, ci sono poker rooms ancora attive ma il rischio di una confisca dei fondi da parte del Governo è elevato. Ne sanno qualcosa ultimamente i giocatori di Bodog e Everleaf.  Molti pro hanno fatto armi e bagagli e si sono trasferiti all’estero: Phil Galfond, Olivier Busquet, Shane Schleger, Justin Bonomo, Jon Aguiar, Dan “jungleman12” Cates, Vanessa Selbst e Isaac Haxton hanno lasciato gli USA, al termine delle WSOP 2011.

Full Tilt Poker
Il secondo tsunami si è registrato il 29 giugno quando l’Alderney Gambling Control Commission (AGCC) ha revocato ‘provvisoriamente’ la licenza a Full Tilt Poker per l’incapacità della room di rimborsare 300 milioni ai propri players. Pensate che stiamo parlando di un sito che deteneva il 20% del mercato mondiale per capire la portata dello scandalo che ha gettato discredito non solo sulla reputazione di Howard Lederer, Chris Ferguson e soci, ma su tutta l’industria del gioco online internazionale. L’AGCC non si è dimostrato un ente regolatore attento ed ha scoperto le grosse falle gestionali di Tilt solo quando il danno era già stato cagionato a migliaia di players.

Schema Ponzi
Il super procuratore Preet Bharara, titolare dell’inchiesta, ha paragonato la gestione finanziaria “allegra” (ma c’è poco da ridere) di Full Tilt Poker come uno schema Ponzi: i fondi apportati dai nuovi clienti servivano per rimborsare le periodiche operazioni di cash out dei vecchi e fedeli iscritti. Il magistrato statunitense si è espresso – dal punto di vista tecnico – in maniera non del tutto avveduta e corretta. Sono ben più profonde le ragioni del crack finanziario di Full Tilt Poker (spiegate qui nel dettaglio). La cosa grave e che i manager ed i soci della red room si facevano belli, utilizzando i fondi dei players (pratica vietata in Italia e non solo) e questo permetteva loro anche di investire nel marketing cifre folli (circa 20 milioni di dollari al mese): una sorta di concorrenza sleale nei confronti degli altri siti.

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Scandalo prestiti
Prestavano inoltre soldi (a fondo perduto) ad altri soci: Ivey, Lindgren, Matusow e molti altri, hanno utilizzato circa 18 milioni di dollari per sedersi ai tavoli High Stakes. Di fatto, quei fondi appartenevano ai “comuni mortali” che, ancora oggi, attendono i propri soldi. L’estenuante trattativa con Bernard Tapie, dopo la revoca definitiva della licenza il 29 settembre, fa parte dell’attualità ed ancora si attende il semaforo verde dal Dipartimento di Giustizia, dopo diversi accordi preliminari sottoscritti. Ma lo sconforto e la fiducia generale è in questi giorni dominante tra i giocatori. Se ci sarà una riapertura, l'ascesa della red room sarà lenta e difficile (il 65% dei vecchi clienti è passato a giocare sulla room rivale PokerStars.com).

Absolute Poker
Il problema non riguarda solo i 300 milioni non restituiti ai clienti di Full Tilt Poker: il black friday ha sancito il pre-fallimento di Absolute Poker e del sito gemello UB.com che fanno parte della rete Cereus. In questo caso (grazie alla compiacenza di un ente regolatore canadese che ha ignorato le più elementari regole sulla sicurezza dei fondi online) i due siti sono ancora attivi ma hanno perso il 99,8% del traffico. Il motivo è semplice: Absolute e UB avevano clienti esclusivamente negli USA. Inoltre, la cosa tragica è che devono ancora restituire circa 50 milioni di dollari, anche in questo caso per una gestione a dir poco 'leggera'. La holding di controllo ha messo in liquidazione gli asset e con quei fondi confida di poter saldare l’ingente debito. Proprio nella giornata di ieri, i manager di Absolute hanno annunciato di essere vicini ad un accordo con il DoJ. La speranza è l'ultima a morire.

Nella terza e ultima puntata analizzeremo i nuovi equilibri del mercato mondiale (quote e volumi) ed i probabili scenari futuri negli States e in Europa.

Fine seconda parte - continua

Editor in Chief Assopoker. Giornalista e consulente nel settore dei giochi da più di due decenni, dal 2010 lavora per Assopoker, la sua seconda famiglia. Ama il texas hold'em e il trading sportivo. Ha "sprecato" gli ultimi 20 anni della sua vita nello studio dei sistemi regolatori e fiscali delle scommesse e del gioco online/live in tutto il Mondo.
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