La stampa torna ad occuparsi di gioco, tramite una delle sue firme più prestigiose. E' Gian Antonio Stella, sul Corriere della Sera, ad analizzare - e bocciare - la proposta berlusconiana di finanziare il taglio dell'Imu con nuovi prelievi sul settore giochi.
Finalmente qualcuno giunge all'unica conclusione possibile dando un'occhiata attenta al mercato: un ulteriore innalzamento del prelievo fiscale sarebbe disastroso, per un settore già in sofferenza e in contrazione, oltre che del tutto inutile allo scopo prefissato. Si citano a proposito i dati - ben noti - dei Monopoli di Stato relativi al calo del movimento registrato nel 2012 nel settore giochi (3.5%) e quello ancora superiore del gettito erariale.
E qui, dove molti suoi colleghi sono caduti nell'errore di chiedere acriticamente un innalzamento della pressione fiscale, Stella mantiene invece una visione chiara, spiegando che la diminuzione delle entrate erariali è dovuta sostanzialmente al calo dei giochi tradizionali, storicamente molto più tassati (Lotto, Superenalotto, Ippica etc) a favore di quelli nuovi. In particolare si fa accenno alla crescita impressionante delle VLT, e questo ci fa piacere perchè per una volta non si cita il poker a caso con declinazioni demoniache, ma si fa un servizio alla verità: come è noto da tempo, le VLT rappresentano una fetta enorme delle entrate statali nel settore giochi.
Pur con qualche comprensibile imprecisione, Stella coglie il cuore del problema: un eventuale passo indietro dello Stato dal suo ruolo acquisito di "biscazziere legale", riconsegnerebbe al mercato illegale/non regolamentato quella enorme quota faticosamente recuperata - dal tempo della legalizzazione del gioco in Italia - allo stesso "nero" che fino a qualche anno fa imperava incontrastato.
Stella non si discosta dai binari di una certa visione "perbenistica", che si tura il naso di fronte allo Stato biscazziere, ma mostra apprezzabile onestà intellettuale nell'ammettere che la sua entrata nel mercato, con la stessa promozione di una regolamentazione del settore, ha scongiurato scenari ben peggiori.
Inoltre, l'editorialista del Corriere mette in evidenza che lo Stato già trattiene dai giochi - al netto delle vincite - una percentuale del 47,3%, "seconda solo al comparto delle accise sulla benzina".
L'autore, già noto per best seller quali "La casta", si sofferma poi su alcuni dati relativi al mercato mondiale. In particolare, Stella cita i dati di H2 Gambling Capital (qui sotto il grafico), che colloca l'Italia (con 19.05 miliardi di euro) al quarto posto come spesa globale nel settore giochi legali, dietro agli USA (80,45 miliardi), Cina (49,91 miliardi) e Giappone (31,09 miliardi). Il dato riguarda sia il live che l'online, e se il primo posto degli Stati Uniti è abbastanza scontato, quello cinese (che comprende anche realtà come Macau) è in fortissima espansione, e se si considerasse anche il mercato illegale avrebbe un movimento anche doppio rispetto agli USA, secondo le stime di H2 Gambling.
Le conclusioni di Stella, che ironizza sul fatto che gli italiani spenderebbero quasi il doppio rispetto ai tedeschi (secondo H2 Gambling ottavi a 10,7 miliardi) sono però parzialmente errate. La realtà è che l'Italia è di sicuro fra i paesi al mondo che meglio sono riusciti a fare emergere porzioni importanti di mercato dal sommerso. E' ad esempio il caso dell'online, la cui legalizzazione in Germania è ancora in cantiere e al momento consentita solo in alcune regioni. Inoltre, c'è da considerare che le cifre di H2 Gambling riguardano le vincite lorde, dalle queli pertanto andrebbero detratte le spettanze di erario ed operatori.
In definitiva, quello di Gian Antonio Stella rimane comunque uno dei rari sguardi lucidi sul mondo del gioco da parte della stampa generalista, che una volta tanto evita di strizzare l'occhio a luoghi comuni e perbenismi di facciata.