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I professionisti del poker e l’arte di sapersi vendere

Phil LaakI giocatori di poker professionisti che frequentano assiduamente e con successo il circuito live ricorrono sempre più spesso ad agenzie di marketing specializzate nella promozione e nella tutela della propria immagine: quello che anche soltanto quindici anni fa sarebbe sembrato assurdo oggi è la norma per chiunque nel mondo del Texas Hold’em sia davvero importante.

Giocare a poker oggi infatti non significa semplicemente praticare uno sport, né rinchiudersi in qualche bisca clandestina dove guardarsi dal voltare le spalle alle persone sbagliate: i professionisti devono sempre di più fare i conti con l’aspetto mediatico e spettacolare del gioco, e regolarsi di conseguenza. Spesso, l’immagine di un giocatore conta almeno tanto quanto i suoi risultati, ed in qualche caso perfino di più. Pensiamo ad esempio a Phil Laak, lo statunitense che grazie al suo modo di presentarsi al tavolo con occhiali e cappuccio si è guadagnato l’appellativo di “Unabomber”, lanciando di fatto una moda e diventando popolarissimo.

Nonostante risultati al tavolo certamente buoni ma sicuramente non più esaltanti rispetto a quelli di molti altri – ma più anonimi – colleghi, Laak ha partecipato a format di successo e ottenuto molta visibilità sui media che si occupano di poker: l’avrebbe avuta nella stessa misura con un’immagine diversa? Probabilmente no.

In realtà, come ha recentemente cercato di spiegare in un’intervista Lars Kollind, CEO di PokerIcons (una delle agenzie che si occupano di tutelare l’immagine dei giocatori di poker), per un player sapersi vendere non solo non è sbagliato, ma addirittura attualmente appare indispensabile. Dice infatti Kollind: “Un tempo chiunque poteva ambire ad ottenere un accordo di sponsorizzazione, mentre adesso è sicuramente molto più difficile, anche se dall’altro lato le poker rooms hanno imparato a saper sfruttare e tutelare meglio l’immagine dei propri giocatori”.

Lars KollindPer Lars un giocatore deve semplicemente imparare a vendersi il più possibile, guadagnando visibilità e rendendosi disponibile con i media, relazionandosi con questi nel modo giusto: un altro dei compiti che un buon agente dovrebbe garantire.
E a chi potrebbe obiettare che in fondo sia un modo per spillare denaro ad un mondo dove certo ne circola parecchio, Kollind risponde così: “Certamente una piattaforma che voglia sponsorizzare un giocatore tutelato da un’agenzia dev’essere pronta a spendere di più, ma quest’investimento gli tornerà indietro tre volte tanto. Grazie agli agenti si innesca un circolo virtuoso grazie al quale i giocatori ottengono contratti migliori, i siti che li hanno sponsorizzati godono di maggiore visibilità ed il poker in generale acquista una certa patina sui media”.

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Giocatori professionisti tutelati da agenti che ne curano l’immagine né più né meno come accadrebbe per un attore od un cantante, e per un uomo del mondo dello spettacolo in genere: una strada che può piacere o meno, ma che nel poker sembra ormai decisamente tracciata.

 

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