I mercati regolamentati europei sono soffocati dall’elevata pressione fiscale e dalla liquidità esigua (leggi qui nel dettaglio) interna. Non lo sostengono solo gli analisti: l’ex presidente dell’ente regolatore francese ARJEL, Jean-François Vilotte, si è esposto ed ha puntato l’indice proprio sulla folle tassazione transalpina e sulla “chiusura” del mercato, individuando questi motivi come cause principali del declino del poker online francese. Il Parlamento non gli ha dato retta ed ha bocciato l’ipotesi di apertura alla liquidità comune con Italia e Spagna.
E parliamoci chiaro, alla fine a perderci sono proprio i Governi, destinati a registrare una diminuzione drastica delle entrate fiscali, a vantaggio delle rooms offshore. Ma quando la politica interverrà? Il rischio è che lo faccia troppo tardi, solo quando realizzerà di non aver più a disposizione risorse preziose.
Gli editorialisti di PokerFuse prendono come punti di riferimento proprio Italia e Francia, per analizzare il poker europeo: “sono mercati da 60, 70 milioni di abitanti e non sono in grado di supportare più di tre sale da gioco”.
Uno dei problemi è - secondo questa autorevole analisi – la frammentazione: “le giurisdizioni nazionali adottano singole normative” ed il risultato è una divisione netta, senza alcun coordinamento che genera sfiducia tra i giocatori. In molti casi deve intervenire proprio la Corte di Giustizia UE per definire eterne controversie (vedi in Italia quella tra CTD e rete ufficiale nelle scommesse).
Per questo motivo, è necessario un piano d’azione. Amaya Gaming (proprietaria di PokerStars) sembra intenzionata a voler proteggere il suo investimento (più di 4 miliardi di dollari), cercando di alimentare una crescita del poker nel Vecchio Continente (è in fase di progettazione un mercato unito tra gli States e l’Europa).
PokerStars-Rational Group rischia però di rimanere isolata in questa lotta: è l’unica compagnia che può vantare il poker come core business. Tutte le altre società dell’e-gaming hanno registrato un calo di revenues drastico nel settore, dovuto soprattutto alle legislazioni restrittive. E questo è un problema per tutto il movimento.
Per Jocelyn Wood di PokerFuse, l’unica soluzione sarebbe il supporto di una PPA europea, ma sull’efficacia di un’associazione di giocatori abbiamo forti dubbi (leggi qui). L’analista però pone degli obiettivi interessanti da raggiungere per rilanciare il poker in Europa. Questo il percorso da lui suggerito:
- Le aliquote fiscali non devono essere superiori al 10%, come suggerito da una relazione sulle imposte sull’e-gaming europeo da parte di Deloitte.
- Creazione di un pool di liquidità pan-europeo (in realtà si sta lavorando per unire il field del New Jersey con quello del Vecchio Continente).
- Stabilire per le società il diritto di operare in tutta la giurisdizione dell’UE. “E’ ridicolo – commenta Wood – che le nuovi leggi sul gioco del Portogallo, non permettano di operare a compagnie europee, con la scusa della lotta al riciclaggio di denaro, la tutela dei consumatori e il rischio di criminalità organizzata”. Rischi che sono presenti in tutti i settori dell’economia e della finanza, oltretutto.
- Approvare norme comuni efficaci per la protezione dei fondi dei giocatori e per contrastare comportamenti scorretti e collusion, in modo che i responsabili possano essere perseguiti in ogni paese dell’UE in cui vivono.
- Individuare strumenti online per rilevare problemi di dipendenza, fornendo ai giocatori patologici, un valido supporto.
Seconda parte - fine
Speciale poker online in Europa - prima parte