Vai al contenuto
james akenhead

La storia dell’ex November 9, Akenhead andato broke per un ristorante: “ma nel poker c'è ancora molto valore"

James Akenhead ha vinto nella sua carriera live 3,36 milioni di dollari nei tornei dal vivo, è 14esimo nell’ England All Time Money List, nonostante per oltre due anni non abbia toccato carte. Durante il suo ritorno nel poker ha lasciato il segno ed ha vissuto un fine 2015 ed un inizio 2016 da favola.

Nel 2009 è stato November Nine ma perse una grande occasione: si alzò per primo al final table del Main Event WSOP, dicendo addio ad una montagna di soldi.

Il suo talento non è mai stato messo in discussione, ma il primo mettere in dubbio il suo talento è stato proprio lo stesso James, come racconta durante il WPT Vienna davanti ad un gin tonic.

"Ho lasciato il poker perché non stavo facendo bene, oramai sembravo un automa quando dovevo compiere delle scelte durante un torneo, ero una sorta di robot nel processo decisionale. Non si può vincere in quel modo".

James aveva perso trasporto per il gioco nel 2013. "In un arco di 4 anni avevo ottenuto risultati notevoli, avevo guadagnato tanti soldi e possedevo entusiasmo ed amore per il poker. Nell'ultimo anno però sono andato in the money solo in un evento ed ho perso 400.000 sterline tra buy-in e viaggi. Alla fine dell'anno ho deciso di fermarmi".

La sua scelta non era solo dettata da ragioni economiche ma anche personali: "avevo ancora voglia di fare questo per il resto della mia vita? No. Sapevo che era il momento giusto per uscire. Io non avevo mogli, figli o mutui a carico però sapevo di voler avere queste responsabilità in un certo momento della mia esistenza".

Quella di Akenhead è una storia strana, perché lascia il poker con le tasche ancora piene, con un bel gruzzolo di soldi da parte, il giusto tempismo (quello che è mancato a molti pro che hanno fatto fortuna negli anni del boom) ma fa l'investimento sbagliato e va broke. In modo del tutto paradossale, va rotto non a causa del gioco ma per via di un'attività economica tradizionale.

Non vogliamo essere fraintesi, ma la sua storia è la testimonianza che anche nel mondo "reale" ed imprenditoriale c'è una concorrenza serrata e le scelte non le puoi compiere con leggerezza. Ogni mestiere ha bisogno di esperienza e skills.

Certo, il pro inglese investe tutte le sue energie fisiche e mentali nella nuova avventura ma le cose non vanno bene: forse l'esperienza è tutto in un settore difficile come quella della ristorazione e non ci si improvvisa.

Pokerstars open Campione - tutte le info

Spaventato dalla varianza dei tornei live, Akenhead prese la decisione di lasciare il poker ma iniziò per lui l'inferno a 30 anni: "provai a fare qualcosa di più responsabile e stabile nella mia vita, prendendo in gestione un ristorante ma è stato il contrario. Lavoravo dalle 90 alle 100 ore a settimana e senza un socio tutto ricadeva su di me".

Il suo gastro-pub si chiamava "The Reach Bar" e nonostante recensioni positive (cibo fresco e ottimi drink) si rivelò un bagno di sangue: "alla fine ho capito che dal lavoro più semplice che stavo facendo (il poker, ndr) alla fine ero passato a quello più duro del mondo. Alla fine ho imparato ad apprezzare lo stile di vita da poker pro".

Naturalmente è un discorso relativo e parla un giocatore che negli anni d'oro era riuscito a fare molti soldi, risultando vincente. Come è noto a tutti, la selezione nel poker è spietata: le sue parole non vanno interpretate male, la vita reale è un'altra cosa, James nel poker è dotato di un raro pregio: il talento, ma non per tutti è così.
James ammette ai microfoni del World Poker Tour: "Ho perso un sacco di soldi ma ci sono stati tanti aspetti positivi in questa parentesi della mia esistenza".

Scopri tutti i bonus di benvenuto

L'esperienza l'ha senza dubbio aiutato a crescere: "Ho imparato tante cose sulla vita: ho dovuto assumere e licenziare diverse persone, gestire i clienti, i reclami, trattare con i fornitori, gestire le riunioni del personale, tutte cose non banali. Alla fine ho affinato skill che non avevo mai sviluppato, visto che dall'età di 21 anni in poi ho giocato solo a poker".

"Ho imparato ad interagire con gli esseri umani, quando la mia vita precedente si era ridotta a stare in casa in mutande solo a giocare a poker online per giorni e giorni. Alla fine gestire un'azienda ti obbliga ad essere onesti con se stessi. Non mi dispiace neanche di avere perso tutti quei soldi, considerando tutto quello che ho imparato della vita. Ho aperto gli occhi".

Il messaggio positivo di James che deve far riflettere è uno: "questa pausa dal poker mi ha reso più responsabile nei confronti del denaro. Ho imparato a dargli un valore, ho capito quello che una sterlina significa realmente. Ho vissuto un sogno: a 21 anni potevo comprarmi fuoriserie, andare a cena tutte le sere nei migliori ristoranti ma bisogna rispettare il denaro... Lo capisci solo quando entri nel mondo reale".

Il ristorante gli aveva levato anche il sonno: "il mio corpo era sotto stress per il duro lavoro, ho dormito poco per due anni e non riuscivo più a riposarmi neanche dopo. Nei primi 18 mesi di attività, lavoravo non stop. Alla fine la mia vita era bruciata. Si dimentica di avere una relazione, un’esistenza ed è impossibile anche fare qualche torneino nei giorni di chiusura del ristorante".

L’attività non ha funzionato e dopo due anni è stata ceduta. Akenhead ha deciso allora di cercare lavoro come dipendente in una società di gaming a Gibilterra, ma un suo amico gli ha fatto riscoprire l'amore per il poker. Ed online dopo pochi mesi è arrivato subito un risultato importante che gli ha dato la spinta per il grande ritorno.

Ad inizio 2016 è andato in the money per 5 volte vincendo quasi 100.000€. Il colpaccio l'ha piazzato proprio a Vienna nel WPT Warm Up, incassando 65.000€, dopo aver battuto un field di 1.157 giocatori, per lo più amatori locali.

Lo scorso novembre invece è arrivato terzo in un evento al Vic di Londra per 70.000 sterline: "è stato un grande ritorno!".

"Otto anni fa, avevo fatto una previsione: 'il poker sarebbe morto in 5 anni'. Mi sbagliavo: quando sono tornato ho capito che nei tornei c'è ancora molto valore. I risultati a fine 2015 mi hanno permesso di giocare come se fossero dei freeroll gli eventi del 2016 e questo ha levato su di me un pò di pressione ed ho potuto dare il meglio". Il poker non è morto, così come il talento scorre ancora nelle sue vene.

Editor in Chief Assopoker. Giornalista e consulente nel settore dei giochi da più di due decenni, dal 2010 lavora per Assopoker, la sua seconda famiglia. Ama il texas hold'em e il trading sportivo. Ha "sprecato" gli ultimi 20 anni della sua vita nello studio dei sistemi regolatori e fiscali delle scommesse e del gioco online/live in tutto il Mondo.
MIGLIORA IL TUO POKER CON I NOSTRI CONSIGLI