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Intervista esclusiva ad Alec "traheho" Torelli (2° parte)

Nella seconda parte della nostra intervista ad Alec Torelli, "traheho" ci racconta cosa significa per lui essere un giocatore di poker professionista, e quindi come gestisce il proprio rapporto con il denaro e con gli altri, ma anche come sta trascorrendo il suo soggiorno a Parma e quali siano i suoi piani per il futuro.

Quando i giocatori parlano del poker, sentono il bisogno di separarlo dalla cosiddetta "real life”. Come spiegheresti questo bisogno?

"La realtà che vive un giocatore di poker è molto diversa, una sorta di mondo parallelo virtuale, in particolare quando gioca a poker online. Durante una sessione qualche tempo fa su cinque o sei tavoli avevo qualcosa come ventimila dollari, che è abbastanza normale per me ma è qualcosa di davvero eccessivo, se confrontato con quello che accade in una vita comune. Finita la sessione esco, e magari compro un cappuccino o una spremuta. Ad esempio, la spremuta al bar vicino casa mia costa tre euro, che in fondo è molto: devi rimanere capace di guardare a quello che stai comprando per quello che è, e non farlo con leggerezza semplicemente perché per te quei tre euro non sono importanti. Si tratta di pensare che un succo d'arancia non dovrebbe costare così tanto, e quindi io non dovrei spenderli per questo.

E' difficile sapersi gestire in due realtà tanto diverse. E' come giocare ad un videogame, ma quel videogame è fatto con soldi veri. Se giochi a “Counterstrike” o “Halo”, in realtà sai che non stai sparando ed uccidendo persone vere, quindi è facile separarlo dalla realtà. Nel poker invece stai davvero vincendo o perdendo soldi, ed è facile che il piatto sia ad esempio di 5.000 dollari e che tu sia portato a chiamare puntate con leggerezza, ma si tratta comunque di denaro. E' difficile prendere ogni decisione nel modo corretto. Se anche perdo 5.000 dollari in una sessione di quarantacinque minuti, quando esco e compro il mio succo d'arancia non voglio spendere tre euro ma ne voglio spendere due, perché credo sia più equo.

Un amico mi ha raccontato di trovarsi a Londra, aspettava un altro ragazzo fuori da un casinò. Ad un certo punto questo ragazzo si è accorto di aver dimenticato qualcosa a casa, ed il mio amico gli ha semplicemente suggerito di prendere un taxi ed andare a recuperarla. Lui non ha voluto, perché i taxi sono troppo costosi a Londra, ed il mio amico gli ha risposto: “Sì, è vero, ma tu sei un giocatore di high stakes, quindi che importa?”. Lui non ha comunque voluto perché non lo riteneva giusto, e la persona con cui il mio amico stava parlando era Daniel “jungleman12” Cates, che è ancora capace di separare le due cose. Conosco molte storie in questo senso, e questa ad esempio è una capacità che io non ho e  mi impressiona molto".

Per una ragione simile, trovi sia importante mantenere delle relazioni con persone che non siano collegate al mondo del poker?

"Sì, credo sia un rischio che corrono molti giocatori. Saper mantenere relazioni di amicizia con persone estranee a questo mondo ti fa restare con i piedi per terra e mantenere una certa umiltà,  ma  non è semplice relazionarsi con queste persone. Hai certamente qualcosa in comune con loro, ma non sono in grado di comprendere a pieno il tuo stile di vita, il fatto che tu abbia una giornata molto flessibile o il fatto che tu sia il capo di te stesso e così via. E' difficile anche con le donne, che da un lato sono attratte dal lato “glamour” del tuo stile di vita ma al tempo stesso non amano l'altra faccia della medaglia. In ogni caso è bello avere degli amici che siano giocatori, perché nessuno è in grado di capire un giocatore quanto un altro giocatore".

Dall'inizio dell'anno hai deciso di vivere a Parma per imparare la lingua, visto che entrambi i tuoi genitori sono di origini italiane...

"Sì, non è facile imparare la lingua, non prendo delle lezioni ed è difficile conoscere nuove persone, perché qui non ci sono americani e io non capisco molto gli italiani, possiamo comunicare solo fino ad un certo livello, ma sto migliorando. Faccio un bel po' di lavoro per conto mio, ascolto musica italiana e guardo film in italiano pressoché ogni giorno. E' bello vivere qui, uscire e ordinare da mangiare in italiano, è divertente".

Pensando al tuo viaggio in Italia ed al modo in cui vivi la tua carriera, ho avuto l'impressione che in entrambi i casi per te il poker sia solo una parte dell'intero viaggio, è così?

"Sì, assolutamente. Cerco di fare in modo che il poker  non prenda una porzione troppo grande della mia vita, perché il mondo ti offre molto altro.  Come dicevo, dipende da quello che vuoi. Se desideri diventare il migliore devi giocare sempre, e studiare altrettanto: io credo di lavorare piuttosto duramente, ma in fondo perché dovresti mettere il lavoro al primo posto? Penso di avere le idee chiare al riguardo. Non gioco semplicemente per guadagnare molto, mi piace giocare. Ci sono molti modi per arricchirsi, lavorando duro ed essendo intelligenti. Se il mio scopo fosse stato soltanto quello, credo che facendo altro avrei perfino potuto guadagnarne di più, ma non mi sarebbe piaciuto altrettanto. Giocare a poker mi consente di avere lo stile di vita che desidero, mentre se lavorassi a Wall Street facendo stock trading diventerei qualcosa che non voglio essere, preferisco stare qui ad imparare l'italiano.

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La mia priorità è vivere la mia vita, il che significa poter fare praticamente qualsiasi cosa desideri ovunque mi trovi, e adesso mi trovo in questa condizione perché gioco a poker.  E' importante saper bilanciare la propria vita in questo senso, e credo sia una delle cose in cui sono più capace. Proprio come un pilota, che pur non avendo magari l'auto più veloce magari ha una buona accelerazione, dei freni che funzionano bene e d è in grado di battere l'auto più rapida della sua.  Anche nel poker ciascuno ha delle abilità particolari: nel mio caso, credo di essere bravo a tenere tutto nella giusta prospettiva, e credo mi aiuti anche a giocare al meglio".

Ho due ultime domande per te. Prima di tutto vorrei sapere che impressione hai avuto degli italiani, sia come giocatori che come persone...

"Come giocatori non credo siano fra i migliori, se ci fossero le olimpiadi del poker non penso che lotterebbero per le medaglie. Le persone invece sono meravigliose, amichevoli. Oggi sono andato in un negozio, ed il commesso ha iniziato a darmi degli assaggi e a dirmi che visto che sono americano dovremmo giocare a basket insieme, come se mi conoscesse da dieci anni e quel negozio fosse la sua casa, è bello sentire questo ogni giorno. Negli USA ci sono un sacco di ottimi giocatori ma anche molte persone infelici, perché hanno un'altra mentalità. Le persone qui sembrano molto felici: magari non lavorano molto ma sembrano godersi la loro vita. Alla fine, non è questo quello che conta? Credo che l'ideale per me sarebbe un compromesso fra questi due estremi".

L'ultima cosa che volevo chiederti è questa: dimmi tre cose che vorresti raggiungere in futuro, non necessariamente legate al mondo del poker

"La prima che mi viene in mente è che mi piacerebbe scrivere, anche se non so bene cosa: magari un racconto, qualcosa d'impatto. Mi piacerebbe inoltre influenzare gli altri positivamente, in modo che siano motivati a raggiungere i loro obiettivi mettendo a frutto le loro potenzialità, un aspetto che anche nel poker spesso è sottovalutato ed in cui mi sento abile. Infine mi piacerebbe avere una famiglia, prima o poi. Nel poker non c'è molto che desideri, ho già vinto alcuni tornei e guadagnato dei soldi nel cash game. Di certo mi piacerebbe vincere un torneo prestigioso, ma non è qualcosa d'importante perché non ne hai il controllo. Perché dovresti preoccuparti di qualcosa che non dipende da te?".

E con questa domanda, a cui non saremo certo noi a dare una risposta, si conclude la nostra intervista ad Alec Torelli: così come per la prima parte, potete ascoltare le risposte di "traheho" direttamente dalla sua voce cliccando qui di seguito sul nostro player.

Piero "Pierelfo" Pelosi

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