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Assopoker intervista Andrea Piva

Chi mastica di poker online lo conosce molto bene, magari come "thesegoto_11", per chi frequenta la piattaforma ongame, oppure come "odiprofanum" su Pokerstars, o ancora "eliogabalo" su Full Tilt. Comunque sia, Andrea Piva è un torneista online coi fiocchi, molto stimato oltreconfine, e naturalmente anche dagli appassionati italiani. Pochi sanno però che Andrea di lavoro fa lo scrittore, e questa sua doppia dimensione lo rende un personaggio che incuriosisce ancora di più.
Assopoker lo ha cercato e Andrea (che è anche "rotavolvitur" sul nostro forum) ha risposto. Mettetevi comodi, perchè quella che è venuta fuori è un'intervista lunga e assolutamente da non perdere, perchè piena di spunti di interesse anche extrapokeristici. Ma soprattutto, contiene alcune osservazioni molto acute di di questo 37enne nato a Salerno, cresciuto a Bari e residente a Roma, sul mondo del poker.

Assopoker: Ciao Andrea. Sei uno dei giocatori più stimati online, eppure pochi conoscono la tua faccia. Hai deciso di giocare dal vivo con maggiore frequenza più per farla conoscere, o per testare le tue skills ad alto livello anche qui?

Andrea Piva: Guarda, per un fatto mio di carattere in tutte le discipline a cui mi dedico il ruolo che più mi si confà è quello del personaggio schivo, poco esposto al pubblico ma eventualmente stimato e rispettato da una nicchia di intenditori. È a questa condizione che ho sempre ambìto nella letteratura contemporanea come nel cinema, e nel poker non mi dispiacerebbe lo stesso. Quindi no, non è a fare conoscere la mia faccia al “pubblico” che pensavo quando ho deciso di iniziare a confrontarmi con il poker dal vivo, dato che la stima dei pochi addetti ai lavori che mi conoscono per quel poco che ho fatto online appaga già abbondantemente la mia non proprio insaziabile egomania.
Il punto è che il livello del gioco dal vivo è decisamente più basso di quello online, e le poste in gioco sono molto molto più alte; quindi in generale chiunque abbia un’idea di come si gioca a poker secondo me dovrebbe fare di tutto per qualificarsi agli eventi live; sono pieni di “dead money”, come si dice. Se ne vedono di tutti i colori, e parliamo di eventi da cinque, diecimila euro di iscrizione. Sai, la vita è strana, e la gente non è capace di operare autocritica. Io sono sicuro che se si potesse partecipare a un Gran Premio di F1 solo pagando un’iscrizione, be’, la gente ci andrebbe con la 500, convinta di potere vincere. Nel poker vedi succedere cose così ogni giorno. Uno paga diecimila euro il biglietto di un torneo pieno di professionisti provenienti da tutto il mondo e ha il bagaglio tecnico sufficiente a battere al più gli amatori del circolo sotto casa. Se una volta ogni tanto le altre macchine si distruggono in un gigantesco incidente alla partenza, e la 500 arriva da sola al traguardo, non vuol dire che la 500 se la batta alla pari con Ferrari e Mclaren. Ma cose così ogni tanto accadono, e questo alimenta un circolo vizioso di speranze folli che porta sempre più 500 ad abbassare il livello tecnico medio e a riempire perciò di soldi facili tornei che sulla carta dovrebbero risultare difficilissimi.
L’altra faccia della medaglia per chi ha nel poker l’unica fonte di reddito è che però, potendosi giocare al massimo un torneo al giorno, la varianza nei MTT dal vivo è ancora più cospicua di quanto non sia in quelli online (dove è già enorme). (Nota: ad essere puntigliosi sarebbe più corretto dire che la varianza è la stessa ma dal vivo non si è in grado di immettere un volume di gioco sufficiente ad ammortizzarla). Insomma per essere vincenti dal vivo si deve avere più fortuna perché si può giocare materialmente molto di meno e quindi l’abilità non ha spazio statistico sufficiente ad affermarsi in pieno, però ricevere la benedizione della dea bendata anche una sola volta dal vivo può significare conseguenze davvero molto importanti (sponsorship, lifetime bragging arguments, and a lot of money, baby).

Assopoker: Domanda scontata ma inevitabile: quando hai scoperto il poker e da quanto tempo giochi online?

Andrea Piva: Ho scoperto il texas nel novembre del 2005, e per fortuna il fatto di avere giocato al nostro folle draw con i mazzi di carte monchi fin da bambino non mi ha condizionato più di tanto (cosa che purtroppo noto essere accaduta alla grande maggioranza di giocatori italiani che da quel background provengono). I miei esordi sono stati davvero bizzarri. Nella prima settimana in cui ho giocato a texas in vita mia ho vinto un torneo rebuy da 2 dollari in cui c’erano mille iscritti. Sono arrivato proprio primo, non ITM o al tavolo finale. Incredulo, ma primo. Ricordo ancora la gioia incontenibile che mi dette quella vittoria, e non erano certo cifre da capogiro. Comunque nel giro di due o tre giorni feci fuori tutto al cash game (che non è mai stato il mio forte), e rimasi di nuovo con 20 dollari sul conto. Poi mi iscrissi allo stesso torneo rebuy da 2 dollari, di nuovo arrivato al cap dei mille partecipanti… e lo vinsi di nuovo.
Capisci? Un miracolo. Chiunque abbia idea di quanto difficile sia vincere tornei con più di due o trecento persone iscritte sa cosa intendo. E io non sapevo neanche giocare… Chissà quanti avranno permatiltato sulla mia strada per le due vittorie, ah ah, dev’essere stato davvero buffo, se ci penso. Ti confesso anche un particolare per me imbarazzante: la mattina dopo la seconda vittoria mi svegliai di soprassalto, delusissimo, pensando di avere sognato. Poi, sotto la doccia, mi venne di nuovo il dubbio che fosse tutto vero. Figurati che dovetti andare ad accendere il computer per avere la certezza in un senso o nell’altro.
Comunque insomma per me è partito tutto da lì; sapevo di non saper giocare ma capivo di dovere avere evidentemente un qualche potenziale di talento, una naturale predisposizione al gioco, e già fantasticavo di vincere tantissimo, ad altri livelli, una volta che avessi studiato il gioco in tutte le sue sfaccettature. Oggi, più serenamente, al di là del se io abbia effettivamente o meno un talento per il poker, temo che quelle due vittorie siano state frutto solo di un’enorme sequenza fortunata, e se devo dirla tutta sono di nuovo in una fase di dubbio sulle mie qualità tecniche.

Assopoker: Nella tua “real life”, di lavoro fai lo scrittore e sceneggiatore per il cinema. In genere l’attività di scrittura creativa non si associa al talento per il poker, che si crede richieda un altro tipo di “cervello”, più calcolatore e speculatore che…“creatore”. Tu ti senti il messìa che confuta una menzogna o semplicemente un’eccezione?

Andrea Piva: Eh eh, bella domanda. Ora non vorrei addentrarmi nel discorso troppo lungo e difficile delle differenti attitudini che presiedono ai vari tipi di creatività, con i distinguo che ne derivano a seconda poi che si tratti di cinema o letteratura, ma il punto è che nonostante quello che generalmente siamo portati a pensare la poiesi in scrittura discende più spesso da un metodo progettuale, più da un’applicazione calcolata che dall’estemporaneità dell’estro vero e proprio. I latini dicevano con Orazio che Insitam vim doctrina promovet: attraverso lo studio e l’applicazione si valorizza il talento naturale. E io concordo pienamente.
L’estro creativo si manifesta più potente ed effettivo in chi affina i mezzi per farlo esprimere. Se ti applichi veramente al poker come ad una qualsiasi disciplina che abbia regole precise e strategie e tattiche sul lungo e breve periodo, a un certo punto esprimerai anche una massiccia dose di creatività, soprattutto compiendo il passo verso l’agognata eccellenza. Vedi quello che fanno tutti i top players. Se 4bettano allin al momento giusto 56 suited sembra lo facciano per puro estro, quando in realtà c’è tutta una disciplina e un enorme bagaglio tecnico-strategico dietro quella mossa, che si esprime però in un modo per l’appunto apparentemente solo creativo, mi viene da dire artistoide.

Assopoker: In genere chi lavora a casa ha i tempi dilatati e può permettersi di fare altre cose. Quanti computer tieni accesi contemporaneamente?

Andrea Piva: Ah, io ho “solo” due computer funzionanti in casa, e il secondo lo accendo solo in casi di emergenza – se il principale subisce per esempio qualche rallentamento causato magari da un programma che funziona male… Però in effetti il computer che ho sempre acceso è un po’ due computer messi insieme; intanto ho due monitor (non grandissimi: da 24”), ma soprattutto ho due sistemi operativi che faccio correre contemporaneamente. Essendo io sempre stato un MacUser, ed essendo molte pokerroom solo windows compatibili, faccio andare quasi sempre anche un emulatore di WinXp. Avendo un Mac molto potente e tra l’altro con core Intel, non ho problemi ad avere il meglio dei due mondi insieme sulla mia scrivania.

Assopoker: Giocare a poker è per te un aiuto all’attività di scrittore? Cosa c’è di thesegoto_11 – odiprofanum - eliogabalo in Andrea Piva? Ovviamente sono due domande con l’autoreverse.

Andrea Piva: Non dimenticare rotavolvitur! (È con rota che ho fatto i primi passi, e ci sono affezionato…)
Guarda, nello scrittore come nel giocatore c’è una dedizione di metodo, un’applicazione totale che però è anche una monomania, e infatti quando sto in un periodo poker gioco solo a poker, e quando sono in un periodo scrittura scrivo soltanto. Quasi letteralmente, eh, nel senso che quando scrivo difficilmente esco e faccio qualcos’altro, e quando gioco difficilmente esco e faccio altro… Fortunatamente, non per questo sono un perfetto secluso. Passo anche lunghi periodi in cui la mia indole accidiosa prende il sopravvento e permacazzeggio per mesi e mesi. Incredibilmente, ho anche una vita sociale quasi “normale”. Ma insomma io gioco a poker come scrivo, e scrivo come gioco a poker: per assoluta passione, mirando alla perfezione, cercando di essere il migliore, sempre, in ogni minima mossa che faccio. Non mi basta fare soldi a poker o guadagnarmi da vivere scrivendo un film. Se fosse solo questo, mi deprimerei moltissimo. Le cose che faccio non sono mestieri qualsiasi. Sono quello che ogni più piccola parte di me vuole fare in quel momento. Il poker come missione può sembrare un concetto piuttosto lol, ma ti assicuro che io gioco a poker con molta più dignità e dedizione di quella con cui la quasi totalità degli scrittori contemporanei scrive un libro.

Assopoker: E soprattutto, vada per "odiprofanum" (suo nickname su Pokerstars, ndr) che è un verso oraziano, ed "eliogabalo" (col quale gioca su Full Tilt, ndr) che fu un imperatore romano…ma facciamo un po’ di innocuo outing: cosa diavolo significa "thesegoto_11"?

Amdrea Piva: Scusa se insisto, ma anche qui non vorrei scontentare il povero rotavolvitur, cui voglio così bene, e che deve il suo nome come tu sai a un verso delle cantiones profanae (letteralmente: La ruota gira).
Thesegoto_11 è un omaggio a un film che in Italia non è mai uscito ma che in tutto il mondo è un cult. Si chiama Spinal Tap, ed è praticamente il primo esempio di sempre del cosiddetto mockumentary, ovvero un falso documentario su eventi falsi. Sulla scia dei “rockumentary” che documentavano nei ’70 le vite sregolate dei supergruppi rock come gli Stones, un regista segue con la camera a mano questo gruppo di hard rockers che caduti un po’ in disgrazia vanno a fare uno sgangherato tour in America. Il chitarrista, che è ovviamente un fattone totale svarionato oltremisura, a un certo punto mostra al regista i suoi strumenti. E la punta di diamante del suo arsenale è un amplificatore speciale, fatto apposta per lui e che, invece di andare fino a dieci come tutti i normali amplificatori, va fino a undici! E il tipo insomma dice a un certo punto: these go to 11! (queste - manopole - vanno a undici!), che messo fuori contesto mi sembrò qualche tempo fa simboleggiare bene, con un tocco di autoironia, la mia intenzione di andare oltre il massimo, come giocatore. Io nel poker ho intenzione di andare fino a 11, non so se mi spiego.

Assopoker: Torniamo al poker. Credo di aver capito che da ora in avanti vuoi dedicarti maggiormente al poker live, anche se una certa esperienza in merito ce l’hai già. Se ti dico Erick Lindgren cosa ti viene in mente?

Andrea Piva: Mi viene in mente una parola, ed è cooler. Non il peggiore dei cooler possibili, ma certo non una situazione dalla quale esci vivo molto facilmente. C’è questa mano piuttosto famosa, che gira su pokertube, in cui Lindgren scula mirabolicamente contro di me, al main event delle WSOP l’anno scorso. Una mano che nonostante le apparenze è giocata in modo estremamente tecnico sia da lui che da me, lui estraendo il massimo valore dalla mano vincente e io perdendo il minimo possibile dalla mano perdente che però era una mano di valore assoluto molto forte. La cosa apparentemente folle è che io prima che le carte si scoprano dichiaro più e più volte di sapere con esattezza che carte ha lui, e ho anche ragione. Purtroppo, lasciare la mano che avevo io, nonostante la lettura che avevo su Lindgren, è secondo me –EV sul lungo periodo in un torneo, e quindi a malincuore ho dovuto chiamare le puntate del mio avversario, pur sapendo che nel caso specifico molto probabilmente sarei stato battuto. Ma sono riuscito a non perdere tutte le mie chips in una mano in cui quasi tutti sarebbero usciti dal torneo.
Per la cronaca, io avevo AKs e lui 44, e il flop era AA4. Una trappola mortale. Io ho fatto check/call su turn e river, fuori posizione. In effetti non credo si potesse fare di più che limitare i danni.
Tornando alla questione della mia esperienza in campo live devo dire però che ho fatto solo due tornei importanti, per l’appunto questo WSOP e l’EPT di Deauville. E sì, mi ci dedicherò di più senza dubbio: mi ci trovo bene, anche se è davvero molto molto faticoso.

(Per i curiosi, ecco qui sotto il video della mano incriminata. La si può trovare dal minuto 7:25)
 

 

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 Assopoker: Attualmente l’offerta di tornei live è sempre più ampia. Secondo te qual è il circuito che garantisce la più alta giocabilità, e quali sono i tre eventi che ritieni più giocabili oggi? Parliamo solo di struttura, senza considerare il buy-in.

Andrea Piva: Be’, forse tra i maggiori il WPT è quello che in quanto a struttura garantisce la migliore giocabilità, avendo se non sbaglio 30k di partenza e bui lunghi 90 minuti (lo dico così, a quanto mi ricordo, perché non ci ho giocato mai). Ma anche il main delle WSOP ha una struttura eccezionale, con 20k di partenza e bui di 2 ore (mentre i side event alle WSOP sono per lo più lol bad). Direi che proprio l’EPT ha la struttura meno invogliante, con i suoi 10k di partenza e bui di un’ora.

Assopoker: Il giocatore che più ti ha impressionato al recente EPT di Deauville? E tu hai rimpianti per aver solo sfiorato il tavolo finale in un evento nel quale i grandi nomi hanno steccato? (per la precisione Andrea è terminato 14°, come potete leggere qui)

Andrea Piva: Guarda, in tutta onestà di grandi giocate e giocatori io ai molti tavoli che ho cambiato non ne ho visti. Cioè, niente fuori dall’ordinario: i soliti due o tre nordeuropei LAG di buon livello, poi un tipo molto simpatico di cui purtroppo non ricordo il nome, che era chipleader il day 2 e sapeva decisamente come giocare un grosso stack, e il buffo catenaccio (quello che poi ha vinto; un ragazzo molto simpatico con il quale sono stato cinque o sei ore al tavolo: ottimo giocatore che viene dall’online però una tantum più sul lato TAG che LAG).
No, grandi rimpianti non ne ho per il torneo. Tranne forse per un errore meccanico che ho fatto a un certo punto (non tecnico, che non mi perdonerei, ma purtroppo piuttosto grave nondimeno sul piano delle conseguenze: ho lasciato gli assi preflop per sbaglio), credo di avere giocato un torneo impeccabile. Ho spinto quando dovevo, mi sono ritirato quando l’aria era amara. E onestamente io i grandi giocatori non li temo. Io li amo, e li voglio massacrare. Capisci? Li devi uccidere i maestri, per affermarti; il parricidio come ultimo gradino della crescita, eccetera eccetera. Non ci trovo nessun gusto a togliere i soldi ai cretini. Se batto un campione, ma ovviamente perché sono stato più bravo e non perché ho sculato, ogni dollaro guadagnato vale una fortuna.

Assopoker: Lavori (anche) per il cinema e sei un gran giocatore di poker. Vista la carenza , a parte “the rounders”, di buoni film sul poker (su Lucky You mi viene in mente solo un LOL), ti è venuto il dubbio che il nostro non sia un ambiente facile da raccontare? In fin dei conti, se fai un film per tutti sei didascalico, se fai una chicca per amatori te la guardano in tre. Dove sta la verità?

Andrea Piva: Be’, in effetti hai ragione, Rounders è il giusto esempio di un riuscito, difficile bilanciamento tra le due cose: si tratta il poker con rispetto e attenzione alle vere dinamiche del gioco, cercando di spiegare lo spiegabile e puntando alla verosimiglianza (anche se ovviamente qualche licenza ce la si è presa anche lì), cercando di non fare imbestialire l’intenditore ma al tempo stesso senza annoiare con estremi tecnicismi il pubblico medio che di poker non capisce niente. Irripetibile? Non lo so, ma non credo: secondo me se sei uno che ha voglia davvero di raccontare quel mondo e ne hai le capacità, be’, qualcosa di decente che racconti l’ambiente senza sdegnare gli esperti ma raggiungendo anche chi quell’ambiente non conosce te la inventi. Più in generale, non credo ci siano temi intrattabili al cinema, o anche particolarmente difficili. Perché se ci pensi gli ambienti possono caratterizzare anche a fondo personaggi e vicende, ma poi alla fine ogni racconto cinematografico o letterario veramente riuscito parla di noi, dell’uomo, di me e di te al di là di quello che facciamo qui ed ora.
Prima che riuscito come giocatore di poker, il Mike di Rounders è riuscito come personaggio in genere, come uomo, e conosco persone affezionate a lui, persone che lo vorrebbero amico e non hanno mai preso le carte in mano in vita loro. È questo il punto.

Assopoker: Progetti per quest’anno di Andrea poker player

Andrea Piva: Non saprei. Giocare più grossi live event possibile, e ovviamente vincerne uno (lol).
Ma anche tornare a giocare un po’ più assiduamente l’online, che nell’ultimo anno ho davvero trascurato un po’.

Assopoker:...e quelli di Andrea screenwriter…Un film (o un bel romanzo, perché no) sul poker?

Andrea Piva: Un film o un romanzo sul poker… non saprei, onestamente mi piacerebbe davvero moltissimo, ma non so se ne sarei in grado, al momento. Sono un po’ bloccato, con la scrittura; da un paio d’anni. Certo, sarebbe stupendo se riuscissi a sbloccarmi nella scrittura proprio con un’idea che parte dalla mia altra nuova totalizzante passione. Vediamo, mi prendo un po’ di tempo, in generale nella mia vita non ci sono esperienze forti che non passano per e confluiscono nella scrittura, quindi sono decisamente possibilista. In questo momento di concreto c’è comunque il film che sto scrivendo dal mio romanzo "Apocalisse da camera", uscito per Einaudi un paio di anni fa.

E' stata una lunga chiacchierata, ma ne è valsa decisamente la pena, non è vero? Così Andrea Piva si congeda da noi, e torna a tuffarsi in qualche allettante torneo online. Per chi invece fosse curioso di vedere qualche film scritto da Piva, può andare a cercarsi "La capa gira" e "Galantuomini"(locandina a destra), quest'ultimo uscito qualche mese fa, e premiato allo scorso Festival del Cinema di Roma.

 

"Assopoker l'ho visto nascere, anzi in qualche modo ne sono stato l'ostetrico. Dopo tanti anni sono ancora qui, a scrivere di giochi di carte e di qualsiasi cosa abbia a che fare con una palla rotolante".
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