La prima poker room a mettere gli occhi sullo stato di New York è stata PokerStars, ma sembrava più una manovra politica per mettere pressione al vicino New Jersey, quando erano in corso trattative frenetiche per il riconoscimento della licenza. Poi c’è stata la vendita ad Amaya ed il progetto nella Grande Mela sembra finito in naftalina.
Da quelle parti c’è ora da registrare l’offensiva di MGM, multinazionale di Las Vegas che guida una potente lobby politica a Washington (la gaming company ha finanziato la campagna elettorale di Herry Reid, leader democratico al Congresso e braccio destro di Obama).
I margini di manovra ci sono anche perché i newyorkesi hanno dimostrato di avere una mentalità aperta e favorevole al gioco. L’anno scorso votarono a favore, in un referendum, per l’apertura di nuovi casinò live.
Come noto, negli States è già possibile giocare su internet in Nevada, Delaware e New Jersey. MGM è stato il primo sponsor, ma – in modo del tutto paradossale – ha deciso di non entrare in campo direttamente.
I vertici di MGM sono sempre stati molto scettici sulla liquidità interna dei tre mercati ed hanno dichiarato di non voler investire nell’online, fino a quando non vi sarà una liquidità condivisa in più stati. Progetto già sbandierato da alcuni elementi di spicco in New Jersey, con l’apertura anche verso l’Europa.
MGM detiene il 50% del Borgata Casinò, uno degli attori principali (grazie alla partnership con PartyPoker) proprio in New Jersey. Inoltre, la multinazionale di Kirk Kerkorian sembra oramai intenzionata a mettere tutte e due i piedi nell’e-gaming di New York.
MGM ha già lanciato una campagna di “sensibilizzazione” sui social network (Facebook e Twitter), ottenendo il gradimento e il sostegno di molti poker players.
Il poker online statunitense sembra ad una svolta: con l’adesione di New York e della California, la creazione di una piattaforma multi-statale potrebbe non essere più un’utopia.