La Commissione Europea è intenzionata a proporre - entro il mese di settembre - un progetto concreto di disciplina comune del gaming online, rispettando gli interessi dei singoli Stati (in primis le entrate fiscali) ma anche i principi contenuti nel Trattato UE, oltre a quelli indicati dalla Corte di Giustizia. In una prima fase sarà individuato un nucleo di norme a tutela dei giocatori ma rimane aperta la questione sul gioco offshore.
Per stessa ammissione dei commissari europei, il problema è sempre quello di garantire il principio della libertà di servizi all’interno del mercato unico: se ad esempio una poker room è autorizzata da LGA di Malta (dopo aver superato tutta una serie di controlli molto rigidi e test di affidabilità), è legittimata a proporre la sua offerta di gioco in Francia senza alcuna autorizzazione da parte dei Monopoli locali (Arjel)? Potrà continuare a pagare le tasse solo al fisco maltese?
Il fatto che il Governo transalpino (per esempio) permetta ad ogni impresa europea di acquisire una regolare licenza, potrebbe garantire il rispetto del principio della libertà di servizi in ambito comunitario oppure no? La Corte di Giustizia in questi anni si è espressa su varie tematiche inerenti al gioco ma sul punto non ha preso ancora una posizione netta e non vi sono inoltre precedenti significativi sulla tassazione nel settore dell'e-gaming.
Nelle recenti sentenze Costa-Cifone e Placanica, la CGE ha espresso forti critiche nei confronti del Governo italiano per non aver permesso alle imprese europee un accesso libero al bando delle scommesse del 1999, ed in parte (per quanto concerne Stanley), a quello del 2006.
Però lo Stato italiano, con la legge “Comunitaria” (n. 88 del 2009, art. 24), dovrebbe essersi messo al riparo da nuove infrazioni: una norma dà la possibilità alle società europee di poter operare fuori dai confini italiani (con sedi e server all’interno dell’UE) con concessione AAMS; in questo modo dovrebbero essere garantite libertà di stabilimento e di servizi. Sulla questione, il Consiglio di Stato sta valutando la legittimità del recente bando sulle 200 concessioni dell’online, in base ad un ricorso di Stanleybet.
La Commissione Europea è consapevole che non sarà semplice trovare un punto di equilibrio con tutti gli stati membri, gli interessi in ballo sono molteplici. La soluzione dovrà essere “politica” e la recente posizione della Gran Bretagna (UK), rischia di indebolire notevolmente il “partito” dei liberisti.
Da Londra è arrivato un segnale forte, anti-europeista da un certo punto di vista. Il Regno Unito è sempre stato la patria del liberismo nel mercato del gioco online. Il Governo ha sostenuto negli ultimi decenni, i propri operatori a raccogliere gioco in altri paesi europei, anche senza concessioni riconosciute dai governi locali. In coerenza con tutto ciò, non ha mai ostacolato l’offerta dei bookmakers esteri in Gran Bretagna.
Negli ultimi anni, con la nuova tassazione (15% sui profitti lordi) quasi tutte le società di Sua Maestà (come William Hill e Ladbrokes ad esempio) si sono trasferite in “paradisi” fiscali europei come Gibilterra, Malta, Isola di Man e Alderney. Nonostante tutto, i precedenti esecutivi avevano riconosciuto la pratica come legittima, includendo i principali enti regolatori nella “white list”.
Il vento però sta cambiando anche nel Regno Unito ed i bookmakers e le poker rooms dovranno fare i conti con la nuova politica fiscale. Da una parte il Governo di David Cameron è pronto a riconoscere a tutte le società del Regno, sgravi ed incentivi. Vi sarà un taglio record delle tasse alle imprese. Dall' 1 aprile, la corporate tax passerà dal 26% al 24% e nel 2014 addirittura al 22% con l’obiettivo di arrivare al 20% in pochi anni, per attivare investimenti da tutto il mondo. E questa misura riguarderà tutti i settori dell’economia. Ma sarà dichiarata guerra ai “furbetti” che vogliono aggirare le regole imposte dal fisco britannico.
Per quanto riguarda il gaming online, le società estere dovranno pagare il 15% degli utili lordi maturati sulla raccolta gioco in Gran Bretagna. I players però saranno esentati dal versamento di alcuna tassa.
La soluzione proposta dal Cancelliere dello Scacchiere, George Osborne, potrebbe essere una soluzione concreta ed efficace sul delicato tema del gioco offshore: da una parte il riconoscimento implicito per quelle società che operano con concessione di altri paesi europei ma dall’altra l’obbligo del pagamento delle tasse, essendo il servizio erogato in Gran Bretagna. L’unico dubbio riguarda il rispetto del divieto di doppia imposizione in ambito europeo ma la Commissione sembra intenzionata ad una soluzione politica. In tal senso, il voltafaccia di Londra potrebbe spianare la strada alle logiche monopolistiche e mutare radicalmente lo scenario dell’e-gaming e del poker online europeo.