Con il boom del Texas Hold'em dello scorso decennio, il poker è diventato un gioco popolare anche in nazioni del mondo dove non ci si aspetterebbe mai di trovare professionisti o partite high stakes. Abbiamo già visto gli esempi dell'Albania e della Republica Ceca, dove decine di grinder da tutto il mondo si sono trasferiti per poter giocare e vivere alla grande grazie a un costo della vita nettamente più basso rispetto a quello di altri paesi.
Tuttavia, anche al di fuori dell'Europa ci sono nazioni che stanno diventando sempre più poker-friendly. Per quanto riguarda il continente americano c'è il Costarica, mentre in Asia sta prendendo sempre più piede il movimento pokeristico della Cambogia.
Il paese che negli anni settanta fu martoriato da un vero e proprio genocidio portato avanti dal dittatore Pol Pot, sta vivendo una lenta crescita economica che ha coinvolto anche il poker, soprattutto per quanto riguarda le partite private. Gli home games del paese del Sud-Est Asiatico sono così frequenti e ricchi che molti professionisti europei hanno deciso di trasferirsi a vivere in Cambogia a tempo indeterminato.

Lo ha raccontato il Southeast Asia Globe in un'inchiesta molto interessante sulla scena underground di Phnom Penh. Il giornalista Sam Bradpiece ha passato diverse nottate al River King Poker Club della capitale, l'unico posto dove si può giocare high stakes nel paese.
In Cambogia, infatti, il gioco d'azzardo è vietato alla popolazione locale, e i casinò possono accettare solo clienti stranieri. Per questo motivo, i cambogiani che vogliono giocare non possono fare altro che rivolgersi ai club privati. Ovviamente coloro che bussano alle porte di questi circoli (che spesso sono situati in hotel e condomini di lusso) non sono persone comuni, ma ricchi uomini d'affari e politici che vogliono mettersi alla prova in questo gioco "da occidentali", con la consapevolezza di poter perdere cifre importanti.
"Questi tizi vogliono solo divertirsi", racconta Michael Kim, un professionista statunitense di 42 anni che si è trasferito a Phnom Penh per giocare a poker nelle partite private. "Non gli importa di perdere piatti enormi, vogliono solo fare amicizia. Più che fish, sono whale, ma non con connotazione negativa: sono ottime persone".
Nei club privati come il River King, i professionisti occidentali sfidano politici, businessman e celebrità della Cambogia. I soldi che girano sono tanti, sicuramente sufficienti a consentire a diversi giocatori di vivere con le vincite ottenute.
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Luke McCollum è uno di questi: 26 anni, inglese, si è trasferito in Cambogia quattro anni fa per giocare professionalmente a poker. Dei suoi avversari dice: "Ci sono alcuni giocatori che hanno così tanti soldi da fregarsene completamente quando perdono piatti da $3.000. Perdono e ridono".
Nei club di poker, si gioca solo ed esclusivamente in dollari statunitensi. Ci sono telecamere di sicurezza e guardie private ingaggiate per garantire la sicurezza di tutti i giocatori. Al River King Poker Club c'è un bar dotato di ogni tipo di alcolico e i gestori sono pronti a soddisfare tutte le richieste dei clienti, la prima delle quali è la certezza di non venire arrestati per gioco d'azzardo clandestino.
"Per aprire un posto del genere, devi avere le spalle coperte", confessa il manager del River King, un cambogiano che ha vissuto gran parte della sua vita negli Stati Uniti ma otto anni fa è stato deportato in quanto immigrato irregolare. "Le regolamentazioni nel nostro paese sono piuttosto blande, ma per il poker dipende...".
Se il poker è tanto popolare in Cambogia è anche perché nei casinò i turisti possono giocarci. Sia Pokerstars che il World Poker Tour hanno organizzato tornei a Phnom Penh e Sihanoukville. In un'occasione il player francese Benjamin Gonzva vinse una tappa del WPT per $36.487.
Ma ciò che permette alle partite private di esistere ed essere così profittevoli è il fatto che i cambogiani non possano entrare nei casinò: i giocatori locali, senza esperienza e abilità ma con la forte volontà di mettersi alla prova, sono costretti ad andare nei club. Dove ad attenderli trovano professionisti britannici e americani, pronti a spennarli.
"Il poker è più facile e migliore qui", spiega Gareth "The Nugget" Jones, poker pro 56enne originario della Scozia. "C'è più action e la decisione di trasferirmi a vivere in Cambogia è stata la migliore che potessi prendere". Kim (il pro americano) aggiunge: "La rake è la più bassa di tutta l'Asia. Negli Stati Uniti, poi, devi pagare le tasse sulle vincite, qui non ci sono limitazioni o tassazioni di alcun tipo".
Oltre alle profittevoli partite private (che spesso si tengono anche nelle stanze di lussuosi hotel), in Cambogia è anche possibile giocare a poker online, pur con qualche difficoltà: "Per prelevare da Pokerstars.com sul mio conto corrente cambogiano ci vogliono almeno due settimane e devo pagare una tassa di $100", spiega un giovane regular britannico del River King Poker Club "Inoltre non è sempre facile trovare connessioni decenti, è una pessima idea giocare in certe condizioni".
Per questo motivo, la vera anima del poker in Cambogia è il live. Le partite private sono numerose e sempre in corso, con avversari ricchi e scarsi. Il giornalista di Southeastasia Globe rivela che in alcune occasioni ci sono stati piatti da $60.000 e che si gioca di tutto: No-Limit Hold'em, PLO, PLO a 5 carte e altre varianti sconosciute in Europa.
L'action è frenetica, i soldi che girano sono tanti e diventano tantissimi quando si esce dalla poker room: nel mondo reale, la Cambogia ha un costo della vita molto basso, che permette ai grinder dei club di poker di vivere come dei signori. Guadagnando $2.000 al mese giocando a carte, questi expat si tolgono ogni tipo di soddisfazione.
Gareth "The Nugget" Jones ha trovato la sua dimensione a Phnom Pehn, dove conduce una vita che non avrebbe mai potuto avere in Europa: "Sono venuto nel Sud-Est Asiatico per divertirmi, il punto è proprio questo. Qua ho lo stile di vita perfetto, devo solo continuare a vincere per potermelo permettere".