Vi abbiamo parlato della rivoluzione che nel poker è partita proprio in Francia con Winamax. Proprio a Parigi e dintorni, la rivoluzione non si è fermata e prosegue con Alex Dreyfus, patron del GPI che sta lottando, soprattutto negli States, per rendere il poker uno sport.
Sia chiaro, il poker non è uno sport, non lo sarà mai, ma una parte del movimento potrebbe dedicarsi a valorizzare qsolo sull'aspetto competitivo del gioco. Perché no?
Premesso: non conosco Alex Dreyfus. Ci siamo incrociati diverse volte a Malta (abitiamo entrambi a Sliema), non posso esprimermi sulla persona perché non mi sono mai soffermato a parlare con lui in privato, ma seguo con grande attenzione tutto quello che scrive e dichiara.
A mio avviso la sua politica è solo un bene per l'ecologia del poker e, di conseguenza, per tutto il movimento.
Abbiamo assistito dal vivo alla prima edizione del Global Poker Master con i più forti giocatori del mondo che si sono sfidati in una competizione a squadre per nazioni. I risultati, in termine di partecipazione sono stati sorprendenti.
L’esempio del tennis: la Coppa Davis
Nel tennis le motivazioni principali per i giocatori sono quasi esclusivamente economiche, ma esistono competizioni antiche e prestigiose come la Coppa Davis, dove il ritorno finanziario diretto per i players è quasi nullo. Di fatto però, i protagonisti che difendono i colori nazionali, alla fine riescono ad assicurarsi una visibilità (grazie al potere delle televisioni) che nessun torneo (ad eccezione degli eventi del Grande Slam) può garantirgli. E alla fine arrivano sempre puntuali gli sponsor. Lo stesso può accadere nel poker. Il fattore competitivo va valorizzato, esaltato.
No States? No party!
Dreyfus è un manager intelligente: ha capito che il poker online non può rimanere in piedi senza il mercato degli States e l'unico modo per aggirare l'ostacolo delle potenti lobby (in particolare quella guidata da Sheldon Adelson) contro il gioco d'azzardo online, è “vendere” il poker al grande pubblico come pura competizione, spettacolo e intrattenimento.
In questo modo sarà difficile contrastare la popolarità di un gioco che negli States resiste da più di 50 anni. Se il poker sarà percepito come uno sport, potrà - in una seconda fase - essere disciplinato in tutti e i 50 stati. Solo seguendo questa strada, l’industria dell'e-gaming potrà contare sul suo polmone più capiente e importante. Il poker vive di liquidità, senza il Nord America è dura andare avanti.
Crisi del poker tradizionale: arrivano nuove varianti
Non scordiamoci che il poker tradizionale non piace a tutti i player occasionali, mandati spesso al macello negli ultimi anni. Di questo passo è destinato a trasformarsi nella nicchia della nicchia, fino a morire se la liquidità non arriverà da altri giochi e nuove varianti. Anche i pro iniziano ad amare tornei con strutture sempre più veloci e dinamiche. Insomma, questo gioco sta subendo una rapida evoluzione che parte dall’interno. Non c’è da sorprendersi: online va tutto molto veloce, compresi i gusti dei consumatori, sempre più attratti dagli e-Sports e video games in generale.
PokerStars e lo stesso Dreyfus l'hanno capito da tempo e stanno lavorando ad un paio di nuovi varianti che prendono spunto proprio dagli e-Sports, destinati anche in Europa a dominare nei prossimi anni il mercato dell'online.