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La difesa di Full Tilt Poker: “nessuno schema Ponzi”

preet-bhararaL’avvocato di Chris Ferguson, Ian Imrich, in un comunicato ha spiegato che Full Tilt Poker non operava seguendo il famoso “schema Ponzi”, come sostiene il procuratore capo di Manhattan Preet Bharara. La room accusa apertamente il Governo degli Stati Uniti.

Schema Ponzi
Negli Stati Uniti, purtroppo il termine è tornato di moda tra i risparmiatori e nelle aule dei tribunali, dopo lo scandalo che ha coinvolto il finanziere Bernard Maddoff, per un crack da 50 miliardi di dollari. La tecnica truffaldina prende il nome dall’immigrato italiano negli USA, Charles Ponzi che riuscì a truffare 40mila persone.  Lo schema permette ai primi investitori che iniziano la catena di ottenere ritorni economici a breve termine dalle nuove vittime. Il problema è che il sistema richiede sempre nuovi soci che devono versare quote. Alla base non vi è nessuna attività produttiva.
La dichiarazione forte di Preet  Bharara è apparsa forzata per il contesto, fin dal primo momento: il vero problema – sotto il profilo legale ed etico in tutta questa vicenda - è l’utilizzo dei fondi dei giocatori per la gestione aziendale. Pratica vietata, ad esempio, in Italia ed in altri paesi.

charles-ponziFull Tilt accusa il Governo
Tra Full Tilt Poker e i procuratori federali è oramai uno scontro a 360 gradi. La room accusa il Governo USA di aver confiscato i fondi dei giocatori in tutti questi anni. I legali di Ferguson (presidente del consiglio di amministrazione e maggior azionista di Tiltware con una quota del 19%) hanno rispedito al mittente le gravi accuse: “le poker rooms mondiali non operano in questo modo”. Imrich ha ricordato la definizione data dalla  Commissione “Securities & Exchange” dello Ponzi, ovvero di una truffa nella quale i vecchi investitori guadagnano grazie all’ingresso di nuovi che pagano una quota d’entrata.

Politica rischiosa
In Full Tilt Poker le cose non avvenivano in questo modo. Ma a cosa si riferivano  i procuratori? Preet  Bharara ha usato (impropriamente) questo termine per spiegare che le richieste di cash out dei giocatori venivano soddisfatte con il versamento contestuale di altri players. I flussi di cassa e il turnover di Full Tilt Poker erano così importanti che i manager in tutti questi anni sono riusciti a gestire le richieste di rimborso dei giocatori. Una politica comunque molto rischiosa alle spalle dei giocatori.
Eppure, secondo i procuratori federali, il 31 marzo, a fronte di un debito verso i clienti di 390 milioni, solo 60 erano in cassa. Per i magistrati “Full Tilt Poker operava nella speranza che solo pochi giocatori effettuavano cash out nello stesso momento”. Il 15 aprile però tutti i players statunitensi hanno fatto espressa domanda per riavere i propri fondi ed i nodi sono venuti al pettine.

chris-fergusonRagioni del dissesto
Inoltre, per la Procura di Manhattan sono emersi “fondi fantasma” per 130 milioni: come abbiamo spiegato in questi giorni, tra il 2010 e il 2011, il sito accreditava  soldi ai giocatori ma non vi era nessun prelievo contestuale dai conti bancari degli stessi. Le norme UIGEA avevano creato un grave malfunzionamento e la room non riusciva più a controllare la rete dei pagamenti elettronici. Per la Procura tutto è iniziato ad agosto 2010 e i manager di Tilt hanno continuato ad accumulare perdite, pur di non rinunciare al mercato USA.

I legali di Full Tilt Poker, hanno spiegato che i motivi del dissesto finanziario sono stati determinati dalle seguenti ragioni:

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-    42 milioni persi a seguito di una truffa subita da un gestore per i pagamenti in contanti
-    115 milioni di fondi dei giocatori congelati dal Governo USA in questi anni che la room ha dovuto coprire

Confiscati 150 milioni
Vi è poi un altro aspetto che è motivo di acceso dibattito sui forum di mezzo mondo: vi sono in ballo altri 150 milioni confiscati dal FBI durante il blitz del 15 aprile. Si tratta di fondi della room o dei giocatori? Un bel dilemma considerando la gestione finanziaria “allegra” della room. Non sarà facile ricostruire tutti i movimenti. La pubblica accusa sostiene che i dividendi siano stati distribuiti illecitamente agli azionisti, perché vi è stata una gestione dei fondi impropria. Al momento le indagini sono concentrate sui 4 soci amministratori ma non è escluso che presto l’inchiesta si allarghi, come ha riferito il portavoce del Distretto di Manhattan.

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Editor in Chief Assopoker. Giornalista e consulente nel settore dei giochi da più di due decenni, dal 2010 lavora per Assopoker, la sua seconda famiglia. Ama il texas hold'em e il trading sportivo. Ha "sprecato" gli ultimi 20 anni della sua vita nello studio dei sistemi regolatori e fiscali delle scommesse e del gioco online/live in tutto il Mondo.
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