La chiamano la generazione Moneymaker, ovvero quella composta da tutti coloro che – adesso professionisti temuti nel mondo del poker - nel 2003 non erano altro che adolescenti, quando Chris Moneymaker vinceva il Main Event delle WSOP cambiando probabilmente per sempre la storia della disciplina del Texas Hold'em.
Adesso alcuni di loro spopolano anche nei tornei live, e trovarseli seduti al tavolo rischia di essere una faccenda più complicata di quanto non sarebbe affrontare giocatori formatisi lontani da internet, parola di Hoyt Corkins: “Penso che i giovani siano più temibili ad essere onesti – ammette, lui che giusto recentemente ha conquistato il suo secondo titolo WPT a Biloxi – sono giunto al tavolo finale ed ero circondato solo da ventenni, mentre io ho cinquant'anni. Credo che questi ragazzi siano difficili da affrontare, hanno uno stile di gioco diverso ed una buona tecnica, probabilmente domineranno la scena negli anni a venire”. Ammissione che tuttavia è ben lontana dall'essere una resa: “Trentadue anni trascorsi a guardare le facce delle persone ed il modo in cui mettano i loro soldi nel piatto non è qualcosa da cui si possa prescindere – sottolinea – giocare online può certamente darti un'ottima tecnica, ma il poker non è soltanto questo, ha un fattore umano che rende tutto più complesso”.
Jason Mercier, che ha già vinto oltre quattro milioni di dollari grazie ai tornei live in un lasso di tempo piuttosto breve, cerca di cogliere entrambe le componenti, dando a ciascuna il giusto peso: “Non si possono giocare milioni di mani nel live, e credo che questo abbia contribuito in modo determinante al mio successo. Nel 2007 ho giocato più di due milioni di mani online, nel live è impossibile. Tuttavia allo stesso modo, più si gioca live più i propri risultati in questo campo migliorano. Credo che questo sia il motivo principale per cui molti giocatori che hanno avuto risultati eccellenti nell'online non sono ancora riusciti a centrare un grosso risultato live. Certamente gran parte di questo è dovuto alla varianza, ma in parte anche dal fatto che probabilmente non si sono ancora adattati al diverso tipo di gioco che si pratica nel poker live”.
Ma questo ancora non è sufficiente, almeno secondo Yevgeniy Timoshenko: “Non si tratta semplicemente del numero di mani giocate, ma soprattutto di dedicare del tempo allo studio della sessione che si è appena conclusa. Senza questo tipo di lavoro giocare milioni di mani non risulterebbe decisivo, perché non si sarebbe in grado di acquisire da quella gran mole di gioco tutta l'esperienza che porta con sé”.
La strada è quindi lunga e difficile, per chi voglia diventare un giocatore di successo a livello internazionale nel competitivo mondo del poker Texas Hold'em: ancora una volta insomma, niente di nuovo sotto il sole.