Nonostante sia appena un trentenne, negli ultimi anni Jonathan Little di gente al tavolo da poker ne deve aver vista davvero parecchia, ed è forse per questa ragione che di fronte a certe scene sembra davvero aver perso la pazienza.
"E' incredibile che nel 2014 mi debba trovare a scrivere qualcosa del genere - premette lo statunitense - ma durante alcuni tornei che ho giocato recentemente mi sono trovato di fronte a più di un presunto professionista, che dopo un colpo fortunato di qualche giocatore amatoriale si è messo a dirgli bella mano, con un tono ironico e paternalistico". Un atteggiamento che "FieryJustice" non sembra molto incline a far finta di non vedere.
"E' inaccettabile, i professionisti guadagnano perché ci sono dei giocatori meno preparati che si presentano al tavolo, ed è molto probabile che farli sentire a disagio li possa spingere a smettere di giocare, oppure a cercare di migliorare riducendo così la vostra edge - prosegue - ogni volta che qualcuno si comporta in questo modo comincio a fissarlo in maniera dura, perché queste persone sono nel torto ed io voglio che il poker continui ad esistere per sempre".
Il ruolo del "bacchettone" non è il massimo a cui aspiri e lui è il primo ad ammetterlo, ma nonostante questo Little trova che sia necessario: "Non siamo dei bambini, che piangendo sperano che le cose vadano come loro desiderano, il poker non funziona in questo modo - sottolinea con tono quasi stizzito - perdere un grosso piatto in maniera sfortunata non è mai divertente e lo capisco, ma è qualcosa che va accettato come parte del gioco".
Parole che suonano inevitabilmente banali a chi ormai si interessa di poker da tempo, eppure ancora oggi questo tipo di comportamento è ben più comune di quanto la logica non suggerirebbe, come del resto recentemente anche Lex Veldhuis ha fatto notare. Curiosamente, l'olandese cominciò a giocare in modo esageratamente LAG proprio dopo che un regular al suo tavolo gli aveva fatto notare quanto fosse nitty: il peggior affare della sua vita, ed il migliore per "RaSZi".
Essendo persona intelligente, oltre che un professionista vincente, Little sa bene come certe accortezze siano decisive, nel lungo periodo e su larga scala: "Se i migliori vincessero ogni volta, il gioco morirebbe rapidamente. Quando subisci una bad beat, te ne stai semplicemente zitto senza dire niente, ed anzi cerchi di essere cordiale ed amichevole al tavolo, e se non lo fai stai semplicemente giocando male".
Lo statunitense chiude quindi il suo ragionamento con un'analogia, sicuramente non nuova ma che ancora una volta rende bene l'idea: "Negli scacchi, dove il più forte vince praticamente sempre, nessuno gioca per cifre di denaro significative, mentre nel poker puoi convincere 6.683 persone a pagare 10.000 dollari per partecipare qualche giorno ad un torneo". Ed è chiaro che professionisti come lui si augurano che uno scenario simile non sia destinato a cambiare così in fretta...