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Come si coacha un finalista del Main Event WSOP?

Arrivare a giocare il tavolo finale del Main Event WSOP è un privilegio per pochi, e chi è abbastanza fortunato da riuscirci capisce bene l’importanza di ottenere il massimo da un’opportunità del genere: il che, per molti, significa assumere un coach.

Successe anche a Steven Begleiter, che quel tavolo finale lo raggiunse nel 2009 essendo solamente un giocatore amatoriale: newyorkese, per prepararsi al meglio a quello che attendeva scelse il concittadino Ylon Schwartz e Jonathan Little, che raccontò poi quell’esperienza.

Quando si tratta di poker, molte persone amano rimanere aggrappate alle loro convinzioni, rifiutando l’idea che potrebbero essere dei cattivi giocatori – racconta lo statunitense – ma nel suo caso fu l’opposto, perché si rese conto che noi eravamo ad un altro livello, mantenne una mentalità aperta e per questo imparò molto”.

Ma su cosa si concentrò la preparazione assieme a Little? Anzitutto, nel sottolineare concetti fondamentali quando si tratta di giocare tornei di poker: “Molti giocatori amatoriali non prestano attenzione all’entità degli stack effettivi in gioco. Il fatto che stack di profondità diversa richiedano una strategia differente gli è spesso ignoto – evidenziò – inoltre, puntammo molto sull’importanza di controllare le dimensioni del piatto con mani medie che difficilmente possono estrarre valore per tre street”.

Steven Begleiter nel corso del tavolo finale che lo vide sesto

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La posizione al tavolo finale di Begleiter non era delle migliori. Alla sua destra aveva un corto Phil Ivey, mentre a sinistra doveva guardarsi da Eric Buchman, giocatore esperto e forte di un buono stack: “Il fatto che fosse in posizione su Ivey e che quest’ultimo fosse corto dava a Steve un grosso vantaggio – sottolineava Little – per questo ci concentrammo maggiormente su Buchman, aspettandoci che gli avrebbe messo spesso pressione”.

Naturalmente lavorarono molto su delle simulazioni online, ricreando i vari stack dei giocatori coinvolti, e Begleiter partecipò anche ad alcuni tornei dal vivo, riuscendo ad arrivare nono nel WPT Legends of Poker di Los Angeles, mentre al tavolo finale del Main Event WSOP dovette accontentarsi di un sesto posto, che gli assicurò in ogni caso 1.587.000 $.

“Commise solo un paio di errori marginali, che non gli costarono troppo in termini di equity – assicura Little – la sua eliminazione fu un cooler imparabile, visto che finì all-in per 35 big blinds con QQ contro l’AQ di Darvin Moon, venendo punito da un asso al river. Credo che sia stato davvero uno studente modello, e mi auguro che in futuro altri giocatori mi chiedano di coacharli per il tavolo finale. Ed anzi, spero di raggiungerlo io, la prossima volta“.

E se anche per il momento non ci è riuscito, non per questo smetterà di provare. 

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