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ZepHendrix: “Sarei potuto diventare un nuovo nanonoko”

[imagebanner gruppo=pokerstars] Jim Vonderhaar, conosciuto sia su PokerStars che su Full Tilt Poker come “ZepHendrix” nel 2011 aprì una discussione su TwoPlusTwo facendo sobbalzare tutti sulla sedia: il giocatore di Chicago era infatti diventato Supernova Elite su PokerStars, Black Card su Full Tilt Poker e Diamond Elite su Cereus nello stesso anno, mentre lavorava Full Time e frequentava l’università.

“La mia giornata tipo prevedeva una sveglia alle sei del mattino, poi al lavoro fino alle cinque di sera, quindi a lezione serale all’università e poi a grindare a casa – ha ribadito recentemente – dormivo dalle quattro alle sei ore per notte, e per circa tre anni questa è stata la mia vita“. Ovvero, qualcosa di folle anche soltanto a pensarci, figuriamoci a metterlo in pratica.

ZepHendrix” cominciò a giocare nel 2007 al NL100, ma inizialmente era un giocatore breakeven in termini di profit, e quello che guadagnava proveniva soltanto dalla rakeback. Troppo poco per giustificare tutto quell’impegno, che si aggiungeva al suo lavoro di trader di opzioni e di studente alla University of Chicago. Proprio per questo, altri al suo posto avrebbero mollato, ma non lui: “Decisi che perché ne valesse la pena avrei dovuto guadagnare di più – rivela – mi trasferii al NL200, e dopo tre mesi di breakeven cominciai a vincere”. Già, perché questa è un’altra delle cose che lo rendevano incredibile.

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Nonostante infatti giocasse fino a 24 tavoli contemporaneamente ai midstakes i soldi li portava a casa tutti i mesi: “Guadagnavo più giocando a poker che col mio lavoro, nel 2008 vinsi il Sunday Mulligan che era più di un anno del mio salario – ammette – ma quello che facevo mi piaceva davvero parecchio, stavo imparando sia a fare trading che a programmare, sentivo le responsabilità crescere e quindi non volevo mollarlo”.

Ma poi ci furono due cose che finirono per incidere sul suo futuro in modo determinante. Nel 2010 conobbe infatti quella che sarebbe diventata la scorsa estate sua moglie, e poi naturalmente il Black Friday: “Una volta che è diventa una relazione seria, era chiaro che tutto era diventato troppo, e la cosa si rifletté negativamente sia sul grinding che sulla relazione stessa – ammette – prima giocavo ogni singolo giorno, anche soltanto per un’ora, mentre a quel punto non era più possibile, ed anche se ero felice di questo il mio gioco ne risentiva”.

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Il Black Friday fu il colpo di grazia, con metà del suo bankroll bloccato sulle poker room, gli accordi con gli stakati saltati per aria ed una importante decisione da prendere: “Pensammo seriamente di trasferirci a Toronto, ma c’erano molti fattori da considerare ed alla fine siamo rimasti a Chicago – spiega – una parte di me si è sempre domandata cosa sarebbe successo se mi fossi dato quell’opportunità, credo che avrei avuto le carte in regola per diventare un nuovo nanonoko, e magari battere il PL1000 su PokerStars.com, visto che nel frattempo avevo cominciato a dedicarsi proprio al Pot Limit Omaha, sulle poker room accessibili dagli USA”.

Adesso Jim ha 30 anni, e lavora sempre nel mondo del trading, ma come ingegnere informatico: “Il trading online ed il poker richiedono capacità così simili per avere successo, che in un sacco di aziende in questo settore lavorano ex giocatori di poker”. Compreso evidentemente lui.

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