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Chris Ferguson: quando le skill pokeristiche non contano

chris-jesus-fergusonChe fine ha fatto Chris Ferguson dopo la cessione del suo “giocattolino” Full Tilt Poker? L’ex primo azionista di Tiltware (deteneva il 19% delle quote del gruppo) ha intenzione di tornare in azione al tavolo verde? 

Al momento Jesus ha ben altro a cui pensare: dopo aver risolto il problema del rimborso dei giocatori della red room ed aver ceduto gratuitamente le sue azioni, Ferguson sta preparando la sua difesa giudiziaria a New York. L’obiettivo è tutelare il patrimonio personale: il DoJ ha promosso nei suoi confronti (e dei soci ed ex consiglieri Ray Bitar, Howard Lederer e Rafe Furst) un’azione civile per la distribuzione illegale dei dividendi del gruppo per 440 milioni di dollari (seguendo un tipico schema Ponzi secondo i procuratori). 

La scorsa settimana però è spuntato un alleato inatteso: Lawrence Dicristina. Nome sconosciuto ai più, eppure quest’uomo è riuscito a dimostrare davanti ad una Corte federale che “nel poker l’abilità è prevalente” su altri fattori. Dicristina è stato arrestato l’anno scorso a New York perché sorpreso dal FBI a organizzare partite di texas hold’em in un magazzino. 

Il DoJ ha richiesto una condanna a 10 anni ma il giudice federale Jack B. Weinsteinl’ha scagionato da ogni accusa. La sentenza ha fatto scalpore e Chris Ferguson, insieme agli altri ex soci, ha deciso di cogliere la palla al balzo e di presentare presso la Corte un parere legale, con annessa una richiesta volta a far dichiarare ai giudici procedenti che “il poker è un gioco d’abilità”. Il Governo si è opposto.

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Se la richiesta venisse accolta dai giudici del Distretto Sud di New York, non potrebbero essere contestate le violazioni della legge UIGEA (l’ambito di applicazione riguarda solo i siti di gioco d’azzardo) e delle altre normative sul gambling. La mossa potrebbe essere d’aiuto soprattutto a Ray Bitar che deve sostenere diverse accuse penali a suo carico ed è agli arresti domiciliari in California.

Difficilmente però potrà essere smontata la richiesta da parte del Governo federale, di risarcimento dei dividendi distribuiti in maniera illegale: i membri del Cda di Full Tilt Poker utilizzavano nella gestione anche i fondi dei players, seguendo un rudimentale “Schema Ponzi”. 

In poche parole, non vi erano coperture per i saldi dei players, però i soci continuavano ad incassare gli utili di esercizio. Un reato finanziario che poco ha a che fare con le skill pokeristiche… 

Editor in chief
Iscritto all'ordine dei giornalisti da più di 25 anni, vivo a Malta dal 2012, laureato in giurisprudenza, specializzato nello studio dei sistemi regolatori e normativi del settore dei giochi nel Mondo e nella comunicazione responsabile nel mercato legale italiano alla luce del Decreto Balduzzi e del Decreto Dignità (convertiti in legge). Forte passione per lo sport e la geopolitica. Fin da bambino, sfogliando il mitico Guerin Sportivo, sognavo di fare il giornalista sportivo, sogno che ho realizzato prima di passare al settore del gaming online. Negli anni universitari, ho iniziato anche il lungo percorso da cronista in vari quotidiani e televisioni. Dai primi anni 2000 ho lavorato anche nel settore delle scommesse e nel 2010 sono entrato nella grande famiglia di Assopoker per assecondare la mia passione per il poker texas hold'em.
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