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Il format che non esiste, quasi, più nel poker: apologia dell'Accumulator

Nel momento in cui ho pensato di scrivere un articolo sull'Accumulator, mi sono posto immediatamente il problema di capire quali potessero essere le reazioni di chi lo avrebbe letto e ho pensato che sarebbe stato difficile non scendere a compromessi tra ciò che il lettore vuole effettivamente leggere e quelli che sono stati invece gli effettivi risultati che un format di quel tipo, cosa che, peraltro, provo a fare sempre.

Strizzare l'occhio al lettore è da sempre uno degli ingredienti più semplici per affacciarsi in maniera "facile" tra i meandri dei gusti della gente e ci sono scuole giornalistiche che tale pratica la consigliano.

Al contrario, chi vi scrive ha sempre pensato che andare incontro ai favori dei lettori sia una scappatoia che può durare ciò che può durare, ma alla lunga il giochino non regge più e ci si deve inventare qualcosa di sostanzioso e, soprattutto, di sostanziale, per dare in pasto a chi legge un prodotto che lo porti a ragionare e ad aprire un confronto, piuttosto che farsi applaudire, o spernacchiare, sia chiaro, per qualcosa di futile, semplice, "orecchiabile".

L'Accumulator e la sua origine

L'argomento che voglio prendere in considerazione con questo pezzo, parlo in prima persona perché mi assumo tutte le responsabilità di ciò che scrivo, è l'Accumulator, una formula per alcuni rivoluzionaria, per altri riuscita a metà e per altri ancora una strada da non ripercorrere mai più, che era stata proposta per uno dei tour più prestigiosi dell'era d'oro del Poker, l'Italian Poker Tour e il Mini IPT, targato Pokerstars (scommesse) e Pagano Events.

All'epoca facevo parte dello staff della PE, ne curavo la parte prettamente mediatica che, per chi lo ricorderà, aveva inserito tutta una serie di innovazioni, come il format stesso oggetto di questo articolo, un sistema di iscrizioni alle casse che all'epoca fu considerato all'avanguardia anche per compartimenti altri del nostro vivere quotidiano e, ancora, il rilevamento degli stack da parte dei ragazzi in sala che, grazie ad alcuni palmari che lavoravano attraverso una linea protetta, aggiornavano le chips degli attori principali di quegli eventi, sempre e comunque i giocatori e la sparavano a favore di chi seguiva da casa.

Era il 2013 e nel quartier generale di Treviso, si discusse per giornate intere sulla possibile entrata in scena di una formula che potesse accontentare i giocatori e che, soprattutto, potesse mettere in evidenza la bravura di uno o più giocatori.

Si arrivò a pensare che per incentivare il numero delle entries e non intaccare, anzi, accentuare, la possibilità di un gioco più adatto a chi a poker potesse essere più forte degli altri, si decise di aumentare il numero delle possibili partecipazioni a tutti i Day 1, in questo caso tre e, così facendo, portare allo start del Day 2 la somma delle chips delle giornate eventualmente chiuse in modo positivo. Era un modo per provare a rendere il poker un gioco meritocratico, anche se, occorre scriverlo immediatamente, la meritocrazia nel poker è un concetto probabilmente inesistente e, comunque, se si palesa lo fa dopo un numero congruo di ore seduti in una sedia. Che essa sia a a casa vostra, o che la si trovi dentro una sala da poker.

I giocatori e professionisti a favore

Il primo di questi esperimenti, fu abbinato ad un Mini IPT, segnatamente al Grand Final giocatosi al Casino di Sanremo nel 2013, prima volta che un format di questo tipo si giocò nel nostro Paese dopo l'esperimento riuscito al WSOP Asia Pacific di qualche mese prima.

Per come fu intesa fin dai primi giorni della sua comparsa nelle sale da gioco nazionali, l'idea era quella di evolvere il concetto di re-entry, formula rispetto alla quale, l'Accumulator permetteva di iscriversi ad un nuovo Day 1 successivo a eventuali precedenti partecipazioni, senza rinunciare allo stack accumulato fino a quale momento, anzi, avendo la possibilità di corroborarlo in vista del Day 2.

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Come per ogni innovazione, le levate di scudi a favore e le stilettate di chi non era d'accordo, non si fecero attendere e sono, da entrambe le parti, tutte giustificabili.

Da una parte il torneo sembrava la manna dei professionisti, all'epoca erano davvero in pochi a sostenere che l'Accumulator fosse un fiasco, ma le ragioni, a prescindere dalla capacità economica della quale i migliori giocatori potevano disporre, facevano capo alla possibilità di giocare un numero molto alto di mani che li avrebbe avvantaggiati rispetto ai giocatori occasionali.

Sgombriamo il campo da eventuali fraintendimenti: qui non si parla di varianza abbattuta, e nemmeno di mettersi al riparo da essa, siamo tutti abbastanza grandi e vaccinati per capire che tre Day 1 non sono sufficienti ad abbatterla, come non lo è un campione di tornei live ben più numeroso.

Parliamo della possibilità di far pesare una maggiore capacità tecnica nell'arco di non una, ma ben tre giornate di gioco rispetto ad avversari contro i quali, in un ipotetico lunghissimo periodo, hai pochissime possibilità di perdere...

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Dall'altra parte della barricata, i pareri meno concordi facevano capo soprattutto all'obbligo, si badi bene squisitamente tecnico e non certo regolamentare, di dover prendere parte a più Day 1, il che portava ad un maggiore esborso in termini di Buy In, di tempo impiegato e di spese vive, alberghi e costi di vitto, che un giocatore con poche possibilità economiche non avrebbe potuto affrontare per ovvie ragioni.

Perché sì e perché no

La verità sta, come sempre, nel mezzo, visto che entrambe le campane suonano, o suonavano, bene o male a seconda dell'angolazione rispetto alla quale si guardano i risultati del format in questione.

In quel frangente ( l'esperimento Accumulator durò meno di un anno ), arrivarono in fondo praticamente sempre i giocatori considerati più forti dal sentito dell'epoca, o, se preferite, da chi era seguito maggiormente sui social e dagli organi di informazione.

Ora, che questo sia un caso o meno, sarà il lettore a deciderlo, abbiamo già detto che il campione è fin troppo ristretto per lanciarsi in filippiche definitive che supportino tale teoria, di certo è oggettivamente accaduto che abbiamo assistito ai tavoli finali più pieni e zeppi di giocatori professionisti in quel frangente, che nell'arco delle stagioni precedenti e successive dell'IPT.

D'altra parte non si può nemmeno negare che quello fu il periodo d'oro delle sponsorizzazioni da parte delle più disparate poker room, e non tutti i cosiddetti patchati rispondevano alle caratteristiche di giocatori tecnicamente indimenticabili.

Su questo vi è dunque da ribadire un concetto fondamentale: se è vero come è vero che arrivavano spesso quelli forti, lo è altrettanto il fatto che una certa tranquillità di gioco durante l'arco dei tre giorni di Day 1, il giocatore occasionale che andava a giocare l'ultimo Day per risparmiare altri due Buy In e un paio di notti in albergo, non poteva avere, anche se, ricordiamolo, le chip di partenza di ogni Day 1 erano le medesime per tutti.

Le polemiche e i nasi storti cominciarono ad essere troppi nell'arco dei mesi, e si decise di tornare all'antica.

Da allora non si videro più tavoli finali quasi totalmente full reg, ma se il poker mantiene il suo fascino di "uno su mille che ce la fa", probabilmente è giusto che sia così.

"C'è chi pensa che sia impossibile prendere parte a tutti i tavoli finali dei tornei a cui si partecipa. Questo è vero per tutti. Tranne per chi li racconta".
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