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Tamayo rompe il silenzio: "Non ho chiesto io di portare il computer"

Dopo lunghi giorni di silenzio, finalmente Jonathan Tamayo ha deciso di parlare. Quello che si può tranquillamente definire come il campione di WSOP Main Event più controverso nella storia ha rilasciato un'intervista in cui si esprime su tutti i temi più caldi.

"Ora riesco a dormire"

Il merito di far rompere il silenzio al neo campione del Main Event spetta a Mo Afdhal di Poker.org, il primo a intervistare Jonathan Tamayo.

Il 38enne texano, che prima di questo tavolo finale aveva comunque un curriculum di lungo corso e circa 2 milioni in vincite lorde da tornei live, ammette che sono stati giorni particolari. "Adesso riesco a dormire meglio, ma dal day 5 in avanti è stato difficile farlo. Ora che è passata una settimana mi sento un po' più normale".

Jonathan Tamayo si consulta con Dominik Nitsche, dietro il quale c'è Joe Mckeehen (PokerNews & Alicia Skillman)

Jonathan Tamayo e il computer della discordia: "Non ho chiesto io di portarlo"

Tuttavia, ciò che interessa maggiormente al pubblico non è tanto il ritmo circadiano di Jonathan Tamayo, ma cosa pensi di tutta la vicenda che ha generato polemiche in quantità industriale, come nell'ambiente non si vedeva da anni e anni: quella di Dominik Nitsche e del suo computer accanto al tavolo, ad aiutarlo.

"Non mi sono accorto delle polemiche fino quando ero a cena e allora ho dato un'occhiata a Twitter. Lì mi sono rimasto attonito. Mi sono chiesto cosa potessi fare, ma poi ho realizzato che ho vinto il torneo e chiunque può dire ciò che vuole. Da molto tempo ho capito che non puoi piacere a tutti". Sono le prime parole di Jonathan Tamayo sull'argomento.

Poi Tamayo rivela di essersi divertito a guardare Nitsche "rispondere al fuoco" su Twitter ma, stimolato sul merito vero e proprio, assume un atteggiamento diverso. "Tutta questa roba non era sotto il mio controllo. Il mio compito era quello di giocare, Joe (Mckeehen) e Dom (Nitsche) mi davano consigli. Io non ho chiesto loro di portare nulla. Qualsiasi cosa fosse lì, era lì e basta. Io pensavo solo a giocare e devi come mettere i paraocchi quando lo fai, perché tutti gli altri fattori esterni ti fanno solo sprecare energie".

Riguardo al vantaggio che quella situazione gli ha portato, Jonathan Tamayo diventa un po' meno evasivo. "Tutto ciò su cui ero focalizzato era mettere in pratica qualsiasi strategia avessi deciso di applicare. I computer in tribuna ci sono da anni. Se adesso rappresentano un problema, lo vedremo."

Qui, di fatto, Tamayo chiama in causa la direzione delle WSOP che infatti è stata a sua volta sotto accusa, per aver permesso quel tipo di comportamento che moltissimi appassionati ritengono sbagliato, scorretto o dannoso. "Qualsiasi cosa decideranno, mi andrà bene. Troppe volte è capitato che i giocatori abbiano fatto delle richieste che poi non si sono rivelate delle trovate azzeccate. Perciò io non dirò più nulla su questa cosa. Non ho pensato a quale sia la soluzione migliore adesso. Le persone che organizzano i tornei ne sanno molto più di me. Lascio che se ne occupino loro."

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Il precedente con Joe Mckeehen nel 2015 e le differenze coi November Nine

A dimostrazione che comunque parliamo di un veterano del poker, va ricordato che già 15 anni fa Jonathan Tamayo fece una bellissima deep run nel main event, concludendo al 21° posto. E le sue attuali amicizie, come quella con Dominik Nitsche e soprattutto Joe Mckeehen, affondano a diverso tempo fa. Tamayo rivela di essere stato parte del team che aiutò proprio Mckeehen a preparare il final table poi vinto nel 2015. "Quello di Joe era molto più facile rispetto al mio", ricorda.

Infatti, erano i tempi dei November Nine e c'erano quasi tre mesi di tempo per prepararsi all'appuntamento. "Ricordo che preparai delle cose insieme a Calvin Anderson. Ma arrivai lì soltanto una settimana prima e il grosso del lavoro era già stato fatto".

Oggi le dinamiche sono molto diverse, visto che c'è solo un giorno di pausa prima del final table. "Qui non puoi pensare ai grossi leak, ma devi concentrarti su quelli più piccoli. Poi quel che succede, succede. Non puoi pensare di fare tutto alla perfezione in un solo giorno".

Tamayo e il fold con QQ: "Per me era uno spot da KK+"

L'intervista di poker.org ha toccato anche altri argomenti, tra cui il controverso fold con QQ effettuato in bolla del final table. "Ho commesso un errore nel valutare lo spot. Non è stata una gran mossa, ma va bene lo stesso. In quel momento, mi sono detto che quello era uno spot da KK+. Ho guardato la mia mano, dentro di me ho come sorriso. Ma poi ho pensato "ok, ciao"."

Immagine di copertina: Jonathan Tamayo attende l'esito di uno showdown davanti al suo team (PokerNews & Hayley Hochstetler)

"Assopoker l'ho visto nascere, anzi in qualche modo ne sono stato l'ostetrico. Dopo tanti anni sono ancora qui, a scrivere di giochi di carte e di qualsiasi cosa abbia a che fare con una palla rotolante".
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