Una pressione fiscale sproporzionata ha sempre l’effetto di produrre risultati disastrosi per l’erario, a maggior ragione in un settore estremamente concorrenziale come può essere l'e-gaming.
E’ quello che sta succedendo in Spagna, dove il nuovo mercato regolamentato si sta rivelando un clamoroso flop, a causa delle minacce da parte dell’agenzia delle entrate nei confronti dei poker pro iberici.
Il fisco di Madrid non si accontenta di applicare un’aliquota molto alta del 25% sui profitti lordi degli operatori. In Italia, per fare un esempio, si applica un 20% sul rake lordo, in Gran Bretagna il 15%, e i giocatori non vengono tassati direttamente perché le società concessionarie agiscono come sostituti d’imposta.
L’Agenzia delle Entrate madrilena ha minacciato invece i poker players di applicare un’aliquota sul reddito del 24% sulle vincite, senza possibilità di portare in detrazione le perdite rimediate; di fatto un sistema non sostenibile per i professionisti che oltre al 25% alla fonte devono pagare il 24% sugli incassi lordi. Anche i giocatori perdenti dovrebbero versare cifre da capogiro all’erario.
Il DGOJ, l’ente regolatore, ha (in parte) preso le distanze da questa audace interpretazione ma una vera smentita ufficiale non è mai arrivata. Un vero paradosso e il clima di incertezza ha costretto – secondo un’indagine di PokerFuse – circa 300 giocatori professionisti a lasciare la Spagna e prendere residenza a Londra.
Il traffico nel cash game è molto basso e il numero dei giocatori attivi spagnoli è di circa la metà rispetto ad Italia e Francia. Il flop è servito...