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Alvin Chau Macao

Alvin Chau: il boss miliardario dei casinò di Macao finisce in manette, titoli a picco in borsa

Chi ci segue sa bene che il ruolo degli junkets (sono una sorta di Porteur con gli occhi a mandorla) è cruciale per i fatturati dei casinò di Macao. E chi legge Assopoker conosce bene anche le dinamiche politiche da tempo: Pechino ha deciso di contrastarli a 360gradi e così nella tagliola c’è finito anche il signore del baccarat high roller: il miliardario Alvin Chau.

Il ruolo degli junkets a Macao e di Alvin Chau

Tutto ciò è una conseguenza della strategia anti-corruzione e gambling messe in atto negli ultimi anni dal Partito Comunista cinese.

Il re dei casinò e degli junkets è sempre stato Paul Phua, il quale è stato fatto fuori nel 2016, con il pretesto della gestione del giro illegale di scommesse a Macao durante i Mondiali in Brasile. A strappargli lo scettro è stato proprio Alvin Chau, fondatore di SunCity e finito in manette assieme ad altri 10 collaboratori.

SunCity procaccia giocatori cinesi (in Cina l’azzardo è illegale) ai casinò dell’enclave. Ma da marzo in Cina è vietato anche il marketing legato all’azzardo.

Grazie a Chau e agli junkets, gli uomini d’affari cinesi ed i facoltosi gamblers high roller di baccarat riescono ad aggirare il limite sull’esportazione di valuta all’estero (50mila dollari l’anno) e possono ballarsi milioni ai tavoli VIP dell’ex colonia portoghese. In questo modo i casinò vedono crescere in maniera esponenziale i fatturati. Paul Phua ha fatto la fortuna di Steve Wynn e Sheldon Adelson negli anni d’oro.

Gli junkets prestano soldi ai giocatori, facendoglieli trovare sui tavoli del baccarat a Macao. In caso di perdite, i players sono obbligati a restituire il capitale prestato in Cina e gli junkets guadagnano dalle commissioni sul perso pagate dai casinò.

Il sistema malato del gioco a credito di Macao

E’ scattato l’allarme nel Governo di Pechino quando si sono moltiplicati casi di rapimenti di familiari dei giocatori che non pagavano, messi in atto da junkets senza scrupoli. Un sistema senza dubbio malato.

Sappiamo quanto sia deleterio il gioco alimentato dal credito.

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Non sappiamo se queste dinamiche erano le medesime adoperate dalla società SunCity, ma le violazioni di legge sono evidenti perché, in ogni caso, il gioco è vietato in Cina. Anche la sola promozione.

Gli junkets guadagnano dalle favolose commissioni riconosciute sui giocatori perdenti ed inoltre dall’enorme giro di denaro che comportano queste operazioni (denaro prestato in un paese e restituito in Cina).

Le accuse verso Alvin Chau da parte della Cina

Alvin Chau, 47 anni, è stato accusato di aver favorito il gioco d’azzardo transfrontaliero illegale e il riciclaggio di denaro, perché il sistema “junkets” in diversi casi favorisce proprio il lavaggio del denaro, attraverso i prestiti ai players.

Dopo due anni di indagini, il re dei tavoli di Macao è stato arrestato proprio nell’ex colonia portoghese, a seguito di un mandato d’arresto emesso nei suoi confronti dalle autorità di Wenzhou (provincia dello Zhejiang).

Secondo gli inquirenti cinesi, Alvin Chau gestirebbe un vero cartello con oltre 200 persone alle sue dipendenze e con 12mila agenti promotori che gestiscono circa 80mila players nella terra del Dragone. Un’attività clandestina considerando i divieti legali verso il marketing dell’azzardo.

Alla notizia dell’arresto le borse hanno reagito malissimo: crollo dei titoli legati a Macao

Per farvi capire come la figura di Chau sia importante, a seguito della notizia del suo arresto, nelle borse si è creato un effetto panico con i titoli delle principali catene di casinò che sono crollati: Mgm China ha perso  oltre il 10% del suo valore, Wynn Macau ha fatto segnare un -7,8% e Sands China -5,3%.

Pechino è diventato anche molto rigoroso con i casinò statunitensi presenti a Macao e, colpendo Chau, ha creato un danno indiretto anche a loro. I rapporti con Joe Biden sono molto tesi per via della presenza statunitense nel Mar meridionale Cinese con l’ottava flotta, a difesa di Taiwan, obiettivo dichiarato da parte del Partito comunista.

Il presidente cinese Xi Jinping ha avvertito: “Su Macao e Hong Kong non permetteremo mai interferenze esterne”.

Secondo gli analisti l’arresto di Chau, il boss di Macao significa solo una cosa: “la Cina non tollererà più che Macao promuova in qualsiasi forma il gioco d’azzardo nel continente”. Non a caso, nel 2020, sono finiti in galera anche promotori dei casinò australiani The Crown. E nei primi mesi del 2021 è stato approvato il divieto di promozione e marketing.

Le prospettive nere per la capitale mondiale dell’azzardo

Un bel problema per Macao e le multinazionali statunitensi proprietarie dei principali casinò. Le revenues della capitale mondiale del gioco derivano all’80% proprio dall’azzardo che rappresenta il 55% del PIL.

La pandemia ha colpito le 41 sale autorizzate e situate nei 30 chilometri quadrati dove vivono 700mila persone. Nel 2019 fatturavano 100 milioni di dollari al giorno, oggi solo 30 milioni.

Con il nuovo regolamento di gioco, è stato proposto di mettere un rappresentante del governo nel consiglio di amministrazione di ogni casinò licenziatario. Una bella incognita per le multinazionali del gambling.

Editor in Chief Assopoker. Giornalista e consulente nel settore dei giochi da più di due decenni, dal 2010 lavora per Assopoker, la sua seconda famiglia. Ama il texas hold'em e il trading sportivo. Ha "sprecato" gli ultimi 20 anni della sua vita nello studio dei sistemi regolatori e fiscali delle scommesse e del gioco online/live in tutto il Mondo.
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