In una recente intervista Bryn Kenney dà diversi spunti di riflessione sul mondo degli high roller.
Il 32enne di Long Beach ha parlato chiaro ai microfoni di CardPlayer, nonostante sia uno dei più vincenti del circuito live mondiale: da gennaio 2016 ad oggi ha partecipato a 55 tavoli finali, vinto 12 tornei, incassato oltre 19,7 milioni di dollari (in carriera le sue vincite lorde hanno toccato i 27 milioni).
Cifre molto fuorvianti. E' necessario distinguere tra ricavi lordi (vincite complessive) e margini netti che possono essere anche negativi, considerando che un high roller spende "dai 6 agli 8 milioni l'anno per partecipare a tutti gli high roller".
Cerchiamo di guardare il mondo degli high roller da un punto di vista differente. Se si riflette anche solo un secondo sulle sue dichiarazioni, per una volta immedesimandoci con il cervello di una persona che non conosce il mondo del poker, si avverte un notevole senso di disagio (non nei suoi confronti ma su quel tipo di trend generale con ragazzi che si ballano anche 8 milioni di dollari l'anno).
Ma anche ragionando con la nostra testa, ponderato bene le sue dichiarazioni, sorge legittima una domanda: è il poker che abbiamo sempre sognato?
Le sue parole fanno riflettere. E' vero che il mondo degli high roller riguarda una cerchia esclusiva di players che si scambiano le quote tra di loro e vengono finanziati considerando i buy-in altissimi.
Oramai sembra più una sfida tra squadre, uno schiaffo in faccia a chi sognava la valorizzazione del poker sportivo, ma anche un motivo di imbarazzo per l'industria nei confronti dei vari Governi: con lo spirare dei venti populisti, come poter giustificare certe somme in gioco? Per questa ragione alcuni attori chiave del mercato stanno prendendo le distanze da questo mondo. Un passo obbligato o il rischio è quello di vedere un giorno un ban globale del poker.
Nel 2017 Bryn Kenney è stato nominato Player of The Year dopo essersi qualificato a 23 tavoli finali in un anno, un record (battuto nel 2018 da Jake Schindler con 31). L'aspetto curioso è che Kenney ha reso noto che l'anno scorso ha vinto 5 milioni di dollari "ma ho chiuso in perdita". E' stato il suo primo anno in rosso da quando frequenta gli high roller.
Nel 2019 sembra si stia rifacendo con due titoli vinti nelle prime sette settimane dell'anno. Ha vinto il Main Event da $10.000 dell'Aussie Millions per oltre 1,2 milioni di dollari australiani. Ha poi trionfato in un high roller da $25.000 negli U.S. Poker per altri $450.000.
Per una volta, in Australia, Kenney ha vinto non un high roller e si è confrontato con un field molto più esteso: "è stato fantastico. Mi sono divertito molto, ridendo e schrzando ai tavoli con molti giocatori amatoriali. L'atmosfera era fantastica". Questa è l'essenza del poker.
Ma è tempo di bilanci: "Per la prima volta nel 2018 ho chiuso l'anno in perdita e non ho giocato molti eventi". E il player newyorkese ammette: "per giocare tutti gli high roller devi investire circa 6, 7 milioni in buy-in, forse anche 8 milioni se giochi anche in Asia e non ti perdi neanche un grande torneo. Diventa molto costoso".
Noi siamo sempre a favore delle libertà individuali: ognuno è libero di fare le proprie scelte ma deve essere consapevole dei rischi notevoli a cui va incontro. I players che vogliono partecipare si stanno assumendo dei rischi finanziari importanti (nonostante lo staking e lo scambio delle quote) ma è logico che per l'industria del poker questo non può essere il futuro. Se vogliamo augurare al nostro amato giochino un lungo avvenire, dobbiamo uscire da questi schemi.
Bryn Kenney poi si sofferma sulla varianza negli high roller: "può andarti male, perdere grandi mani e showdown decisivi e lasciare dietro di te un sacco di buy-in in breve tempo. La varianza c'è anche se il field è più ristretto. Tutto dipende dal tuo stile di gioco per quanto sia alta la varianza. Se giochi molto aggressivo devi senza dubbio convivere con swings pesanti rispetto ad un gioco più solido. Io non penso molto alla varianza. Mi concentro molto sul mio gioco".
Come ho affermato in un precedente editoriale, è per me un errore puntare il dito contro i giocatori professionisti che rimangono attori importanti per la promozione di questo gioco (per esempio le brillanti carriere di Musta e Sammartino sono messaggi molto più forti di qualsiasi spot televisivo), ma i tornei high roller (la punta dell'iceberg del movimento) rischiano di essere una piega pericolosa per l'immagine di questo gioco (soprattutto agli occhi dell'opinione pubblica e della politica) e rappresentano un elemento di pericolo per chi vi partecipa: ci sono pochi vincenti e molti perdenti e quei perdenti sono esposti a dei rischi notevoli. E' il poker che abbiamo sempre sognato?