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Poker sportivo

Panorama: "Abbasso le slot, viva il poker!"

Se persino la stampa generalista nazionale comincia ad accorgersene, forse non tutto è ancora perduto. Dopo l'allarme lanciato da Gian Antonio Stella dalle pagine del Corriere della Sera, ecco un altro giornalista, stavolta di Panorama, scagliarsi apertamente contro la decisione del Governo Renzi di aprire di fatto un'autostrada alle slot live in Italia. Ma Marco Cubeddu va oltre, al grido di "abbasso le slot, viva il poker (sportivo)".

"Il business delle macchinette è un affare da decine di miliardi di euro che dalle tasche dei cittadini migrano nelle tasche dello Stato. Chi si lamenta delle tasse troppo alte o troppo ingiuste, come l’Imu, non di rado paga molto di più quella che Cavour chiamava tassa sugli imbecilli", esordisce il giornalista di Panorama nel suo pezzo tagliente apparso sulla versione online del celebre periodico.

Non stiamo qui a riprendere tutti i dati e i numeri sciorinati da Cubeddu (anche perché ne abbiamo già parlato sia QUI che QUI), che sicuramente - cifre a parte - dimostra di sapere di ciò di cui sta parlando. Questo, infatti, il suo giudizio netto sulle sale slot: "Sono posti alienanti, abitati da alienati. Il tempo, lì dentro, scompare. Uno crede di giocare da pochi minuti e ne esce dopo ore, ipnotizzato da motivetti e lucine, dalle piccole cascate di monete che fanno letteralmente impazzire gli zombie che stanno perdendo, emotivamente a un passo dal voler sbranare lo zombie di turno che sta vincendo".

Il giornalista di Panorama ci va giù duro, facendo notare come un conto sia giocare in una struttura come quella di un casinò, un altro in qualche bettola abbandonata in periferia: "Sono posti da poveri. Ci vanno anche i ricchi, certo, ma sono e restano posti da poveri. Giocare al Casinò di Las Vegas, di Sanremo, di Montecarlo, è un’altra cosa. [… ] Ogni volta che entro in una sala slot, invece, mi viene in mente uno dei posti più surreali in cui sia mai stato, il Casinò di Detroit: pieno di mutilati, senzatetto, emarginati, miserabili, reietti. La disperazione di quella città, dopo la crisi, era tutta lì, nella sale di un casinò senza gioia".

Come dar torto a Cubeddu quando descrive sale slot e bingo come luoghi "in cui tutte queste persone vestite male, prive di strumenti culturali e di una quotidianità che dia loro la benché minima soddisfazione materiale o intellettuale, sperano di ribaltare il loro destino vincendo tutto quel che gli manca e invece non fanno che perdere, perdere e perdere quel poco che hanno".

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"Il poker sportivo è, per l'appunto, uno sport"

L'autore poi si lancia in un endorsement sul poker sportivo. Un'opinione da non sottovalutare - sulla quale si può anche discutere nel merito, per carità - e per certi versi anche un po' sorprendente, proprio perché arriva dall'ambiente della stampa generalista, che di solito fa di tutta l'erba un fascio:

"L’unica soluzione parziale è veicolare il gioco d'azzardo verso giochi in cui l’abilità venga premiata. Con le macchinette, i grattini etc, più giochi, più perdi. Per un lucidissimo meccanismo matematico, il banco vince sempre, il gioco compulsivo è penalizzato. I tornei di poker Texas Hold’em sono l’esatto opposto. Il poker sportivo è, per l’appunto, uno sport".

Cubeddu argomenta così: "Conta il talento naturale? Sì, certo, la predisposizione è importante. Ma, come in ogni sport, più di tutto, conta l’allenamento. Nel poker, tendenzialmente, più giochi (e, possibilmente, più studi), più ti alleni. Più ti alleni, più vinci. È contro la cultura del caso che regna sovrano, della pia speranza, della scaramanzia, dei gesti apotropaici, del volgarissimo (anche se umanissimo) desiderio che un deus ex machina venga a toglierci le castagne dal fuoco che possiamo vincere".

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