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Quando Ivey era una schiappa: Phil visto dai PRO

Phil IveyL’intero circuito pokeristico lo considera il giocatore più completo, il più solido, il migliore. Del mondo. E Phil Ivey, questo titolo, può ben dire di esserselo guadagnato: braccialetti WSOP, 12 milioni di dollari di vincite live, cannibale dell’online, uomo immagine vincente.

Un successo da qualsiasi punto di vista lo si guardi. Tuttavia non è sempre stato così, a giudicare dai commenti dei più forti giocatori internazionali che il giovane Phil Ivey lo hanno visto crescere, pokeristicamente e non.

Dice infatti Daniel Negreanu: “Prima dei vent’anni aveva uno stile particolarmente aggressivo. Giocava praticamente ogni mano, e la maggior parte delle persone pensava che fosse un perdente”. Gli fa eco Barry Greenstein: “Giocava troppo loose, investiva molti soldi in cattivi spot. Alcuni pensavano fosse un buon giocatore, al che gli dicevo, volete prendermi in giro?”.

Ciò nonostante, già allora Phil poteva vantare quegli occhi da tigre che poi lo hanno reso famoso e vincente. Prosegue Negreanu: “Stavo giocando con lui, non avevo idea di chi fosse mentre io mi ero già fatto un certo nome. Feci una puntata, e lui non essendo neanche coinvolto nel piatto mi fissò con quel suo sguardo alla Ivey…Pensai, ragazzo, che diavolo stai guardando?”.

Agli esordi, quando aveva 17 anni, si recava ad Atlantic City ogni giorno, sotto la falsa identità di Jerome Graham. “Ogni giorno si faceva due ore di autobus all’andata e due ore al ritorno, pur di giocare – dice Mike Sexton, un altro illustre che lo conosce bene – lo fece per due anni ed è così che ha iniziato a farsi le ossa prima di frequentare le grosse partite. Mi ha detto che dopo quell’esperienza, non avrebbe mai più preso un autobus in vita sua”.

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Passano gli anni, Ivey continua a giocare ed il suo gioco migliora costantemente. “Erano le WSOP del 2002, il Main Event. Giocai con questo ragazzo che già conoscevo, ma era irriconoscibile, giocava estremamente bene. E dire che non era noto per essere così forte al No Limit Hold’em, il gioco in cui risultava più vincente era lo Stud”.  Ed è sempre Daniel Negreanu a ricordare il giovane Ivey giocare live proprio lo stud: “Giocava cash live tutti giorni, partite di Stud a limiti $100/$200. C’erano tornei tutti i giorni, ma semplicemente li ignorava. In sole sei settimane riuscì a costruirsi un buon bankroll, e da allora non si è più guardato indietro”.

Come detto, è  intorno al 2000 che Phil Ivey inizia ad uscire dall’anonimato. Nel 2005, alle WSOP, si trovò in heads up contro Robert Williamson II, che era ad un passo dal suo secondo braccialetto nel Pot Limit Omaha. Ma fra lui e il trionfo c’era Phil Ivey: “Ero in svantaggio di chips, e sapevo di essere davvero nei guai contro di lui in quella situazione. In lui c’era qualcosa di speciale, compiva un numero incredibilmente alto di decisioni corrette”. Ivey vinse quello scontro, e così il suo quarto braccialetto. Ma non basta.

Quello stesso anno, al Monte Carlo Millions da 25.000 $ di buy-in, l'incredibile mano contro Paul Jackson lo consacra definitivamente agli occhi del mondo del poker. Ivey vincerà quella mano e l’evento, portandosi a casa un milione di dollari e una celebrità finalmente esplosa.  Diventa un giocatore richiestissimo, l’uomo copertina ideale, anche se lui resta piuttosto schivo e si concede poco ai media, di certo meno di molti altri suoi colleghi. Il resto è semplicemente storia.

Una storia che fra poche settimane comunque si arricchirà di un’altra pagina splendida, grazie al tavolo finale del Main Event WSOP 2009. Se poi riuscisse perfino a vincerlo sarebbe il coronamento di una carriera ancora lunga e tuttavia già straordinaria, ma se accadesse davvero che altro rimarrebbe da fare a quest’uomo ad un tavolo da gioco?

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