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WSOP tasse

Quando le WSOP cambiarono tutto per colpa… delle tasse

Come molti di voi ricorderanno, il format delle WSOP inizialmente prevedeva che il vincitore si portasse a casa l’intero montepremi. La kermesse mantenne la regola del winner take all fino al 1978, anche se dietro le quinte spesso si facevano accordi differenti.

Tutto cambiò a partire dalla nona edizione delle World Series of Poker, quando tutti e gli 11 eventi in programma, Main Event compreso, adottarono una struttura per la quale il montepremi veniva diviso tra i primi 5 classificati. Ma da cosa dipese questa modifica molto importante?

Winner take all… per finta

Ce lo racconta Crandell Addington, nella seconda parte del suo racconto sulla storia delle World Series of Poker. “I giocatori votavano per dividere il montepremi quando rimanevano in tre o quattro”, ricorda l’ex pro player, “ma io ho sempre votato perché i tornei fossero winner take all”.

Essendo in minoranza, la linea di Addington veniva sempre sconfessata. Come nel 1976, l’anno in cui Doyle Brunson vinse il WSOP Main Event. Secondo quanto afferma Addington, il montepremi da $220.000 venne in realtà diviso tra i primi quattro classificati.

L’accordo prevedeva che ciascun giocatore mantenesse il 75% del valore in chip al momento dell’accordo (all’epoca ogni chip corrispondeva a un dollaro) e giocassero poi per il restante 25%. Nel momento del deal, Addington era il chip leader, perciò il suo fu uno dei premi più grossi.

Le tasse cambiano le WSOP

Per spiegare come mai le WSOP smisero di usare la formula del winner take all, possiamo utilizzare una battuta dello stesso Crandell Addington: “Io tenni il 75% del premio e Doyle dovette pagarci le tasse”.

 

 

Quando Brunson vinse nuovamente il Main Event WSOP, l’anno successivo, le cose dovettero cambiare. “Nel mondo del golf, si diceva che i giocatori si dividessero il montepremi negli eventi televisivi, e la cosa non andava giù al Fisco. Passò una legge specifica a riguardo e Benny Binion (il proprietario delle WSOP, ndr) prese nota”.

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Addington ricorda come Benny chiamò il gruppo storico dei giocatori texani, spiegando che dal 1978 avrebbero dovuto spalmare ufficialmente il montepremi: “Quello fu il primo anno in cui successe alla luce del sole: io arrivai secondo (nel Main WSOP, ndr), perdendo contro Bobby Baldwin.

L’evoluzione del gioco

Oltre al montepremi delle WSOP, anche il poker stesso attraversò, alla fine degli anni settanta, un processo di evoluzione. “All’epoca la gente si affidava all’intuito nei giochi di carte, in particolare nel Texas Hold’em”, afferma Addington.

Secondo il texano, Brian ‘Sailor’ Roberts sarebbe stato uno dei motori principali del cambiamento, il primo a teorizzare che si potessero vincere soldi giocando a poker anche senza avere una mano forte.

Fu poi lo stesso Crandell a sviluppare il concetto: se riuscivi a isolare un giocatore pre-flop, potevi dargli due carte qualsiasi, purché non fossero una coppia, e non sarebbe riuscito ad accoppiarle al flop. Mi chiesero di dimostrarlo, e lo feci”.

Oggi per noi parlare delle probabilità del poker è una consuetudine, ma più di quarant’anni fa rappresentava una vera rivoluzione. “Avevo studiato statistica – ricorda Addington – e sapevo come calcolare: le probabilità di non accoppiare al flop due carte spaiate erano di 2,34 a 1.

Perciò, conclude Addington, “questo fa di te il favorito anche senza una mano: sei il favorito anche solo puntando al flop. Vincemmo molti soldi giocando sulla mano dell’avversario più che sulla nostra”.

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