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'Non c'è mai stato un momento in cui mi sia sentito il numero uno'

Alex Millar, fra tutti i giocatori che hanno ottenuto un enorme successo grazie al poker online, certamente non è fra i professionisti più celebrati o famosi: è un peccato, perché il britannico potrebbe essere considerato il prototipo del professionista di successo.

La sua non è una vita fatta di eccessi o proclami, di sfide o di riflettori accessi su importanti tornei, ma di un grinding testardo e talentuoso cominciato quando già si trovava all'università: "All'inizio depositati solo qualche decina di sterline, e per il primo anno giocai in maniera piuttosto casuale. Poi durante il secondo anno conobbi qualche grinder che guadagnava alcune migliaia di sterline al mese, e pensai che forse avrei potuto farlo anch'io".

In realtà col tempo avrebbe fatto molto di più, ammassando profitti per oltre sette milioni di dollari, anche se inizialmente era uno dei molti che ai tavoli da poker faceva più o meno pari. Poi qualcosa scattò, e dall'essere un giocatore degli small stakes si affacciò ai tavoli high stakes con una rapidità imbarazzante, prendendo ben presto consapevolezza di avere qualcosa in più degli altri: "Dalla mia ultima mano giocata al NL100 alla prima del NL5000 trascorsero circa nove mesi - ha ricordato in un video girato da PokerStars - ogni mese salivo, ed ogni gradino era molto più difficile del precedente".

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Uno dei segreti del suo repentino successo è il fatto che si sia avvicinato alla GTO molto prima di tanti altri, un vantaggio che ha saputo capitalizzare e di cui parla così: "La mia carriera potrebbe idealmente essere divisa in due. Fino al NL5000 la competizione era incentrata sugli altri, sul capire come giocassero, mentre da lì in avanti questo è finito in secondo piano e mi sono dovuto concentrare sul mio gioco, in modo da non concedere agli altri la possibilità di exploitarmi".

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Millar parla anche del "burnout" a cui sono esposti i professionisti, e spiega anche perché crede che non sia successo anche a lui: "Desidero sempre raggiungere degli obiettivi, ci sono sempre stati limiti che non mi sentivo abbastanza bravo per poterli giocare. Allo stesso tempo, non ho mai avuto la sensazione di avere edge su chiunque altro, in cui abbia creduto di essere il numero uno al mondo, ma è qualcosa che desidero".

E, stando a quello che racconta, crede di esserci ormai abbastanza vicino: "Scalare i limiti fu come confrontarsi con una montagna. Adesso mi sento quasi in cima, come se mi mancassero soltanto un paio di passi. Mi piacerebbe guardarmi alle spalle e ripensare alla mia carriera nel mondo del poker dicendo, in quel periodo ero il miglior giocatore che c'era in giro".

Un titolo che a molti legittimamente non interessa, e forse è anche per questo che loro non sono lassù in cima.

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