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WSOP Amarcord: la vittoria di Hal Fowler, il primo “Chris Moneymaker” della storia

Las Vegas, 1979.  È l’anno della nevicata nel deserto del Sahara, della vittoria elettorale di Margaret Thatcher (prima donna primo ministro in Gran Bretagna), del quinto governo Andreotti e del primo Cossiga, e dell’ultimo titolo piloti Ferrari (con Jody Sheckter) prima di Michael Schumacher.

Al Binion’s Horseshoe, dall’11 al 27 maggio, si disputa l’edizione della stella delle World Series of Poker. La numero dieci, insomma. Da lì a poche settimane, Saddam Hussein sarebbe diventato presidente della Repubblica in Iraq, mentre in Giappone la Sony avrebbe immesso sul mercato un oggetto destinato a fare storia: il walkman.

Negli undici tornei in programma prima del Main Event, vincono due volte a testa Gary Berland e Lakewood Louie; soddisfazioni – e braccialetti – anche per Doyle Brunson (nel Mixed Doubles con Starla Brodie), Bobby Baldwin, Dewey Tomko e Johnny Moss.

Ma è ciò che accade nel WSOP 1979 Main Event ad accendere la miccia – piuttosto lunga, va detto – del futuro boom del poker.

Hal Fowler
Hal Fowler durante il WSOP Main Event 1979 (ci perdonerete la scarsa qualità della foto?)

All’improvviso uno sconosciuto

Il Main Event delle World Series è la solita passerella di giocatori professionisti. In 54 pagano il buy-in da $10.000, per un montepremi di $540.000 di cui la metà sarebbe finita nelle tasche del nuovo campione del mondo. C’è anche lo stesso Bobby Baldwin, pronto a difendere il titolo vinto l’anno prima; non gli andrà bene, visto che fallirà anche l’accesso al tavolo finale.

Dove invece arriva Johnny Moss, fresco di introduzione nella primissima classe della Poker Hall of Fame, insieme con Wild Bill Hickok ed Edmond Hoyle. Eppure non sarà lui a mettersi al polso il braccialetto più ambito: Moss chiuderà al 5° posto, primo degli eliminati a premio ($27.000) e secondo a cadere durante il final table dopo David “Chip” Reese.

A sorpresa, la vittoria finale va a tale Hal Fowler, giocatore amatoriale nato nel Vermont, di cui nessuno fino a quel momento aveva sentito parlare.

L’anno zero del poker?

Pare che il vincitore del WSOP 1979 Main Event fosse un appassionato di poker che lavorava come pubblicitario. Leggenda vuole che ad un certo punto del Main Event fosse rimasto con appena 2.000 chip (su un totale di 500.000 in gioco) e che addirittura fu Benny Binion stesso a finanziare la sua partecipazione al torneo.

La sua vittoria nel Main Event, totalmente inaspettata, fu celebrata come un momento chiave nella storia del poker. Qualsiasi giocatore del dopolavoro adesso sa di avere una chance contro i professionisti, dichiarò lo stesso Jack Binion in un comunicato stampa prima delle WSOP successive.

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“La verità è che chiunque può vincere, affermava Binion. “Tutto ciò che serve per partecipare ai tornei è denaro, fiducia in se stessi, la capacità di giocare un buon poker, del fegato e l’ambizione di battere i professionisti”.

L’importanza di Hal Fowler

Secondo molti, senza Hal Fowler non ci sarebbe stato neppure Chris Moneymaker.

E senza il vincitore del WSOP Main Event 2003, non ci sarebbe stato il boom del poker a livello mondiale.

Un sillogismo affatto azzardato, sebbene si possa cadere nella tentazione di pensare che il gap temporale tra la vittoria dell’uno e dell’altro renda impossibile trovare un collegamento tra le due. Ma occorre pensare che nel 1979 la diffusione delle notizie era ancora piuttosto lenta e macchinosa: la televisione aveva ancora un carattere fortemente nazionale un po’ ovunque, ovviamente non c’erano gli smartphone e… diamine, persino Internet era ancora un progetto in via di sviluppo.

Ah, l’anno dopo il Main Event attirò 73 giocatori. Numeri ancora piuttosto bassi, questo è vero, ma rispetto ai 54 del 1979 si tratta comunque di un incremento di oltre il 30% del field. Per la cronaca, quel torneo se lo portò a casa un certo Stu Ungar, al primo dei suoi tre titoli mondiali.

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