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Poker online: il crack di Full Tilt Poker un anno dopo…

chris-fergusonIl 29 giugno 2011, l’Alderney Gambling Control Commission ha staccato la spina a Full Tilt Poker e il più grande bluff della storia del poker online è stato svelato agli occhi del mondo: a metterlo in atto vecchie conoscenze del tavolo verde come Howard Lederer, Chris Ferguson e Ray Bitar, responsabili di un buco da oltre 300 milioni di dollari. Da quel momento è iniziato un incubo per molti ragazzi e grinder professionisti.

Da un anno, attendono di essere rimborsati migliaia di giocatori provenienti da tutto il mondo, compresi parecchi players italiani. Full Tilt Poker rappresentava il 20% del mercato mondiale e dopo il crack il 66% dei suoi clienti sono stati assorbiti da PokerStars.com mentre il 15% da PartyPoker.com.

Per dodici mesi si sono rincorsi scandali e rumors (più o meno attendibili) ma il dato di fatto è che ancora nessuno è stato rimborsato dei fondi depositati nella red room e giustizia non è stata fatta. E’ in corso il processo a New York ma le posizioni e le responsabilità penali dei rinviati a giudizio sono oggetto di trattative con il Dipartimento di Giustizia (DoJ) e ci sono buone possibilità che i protagonisti del black-friday alla fine riusciranno ad evitare pene detentive; paradossi della giustizia americana.

In questi lunghi mesi, la trattativa più calda e concreta è stata con Bernard Tapie: il finanziere francese, dopo aver sottoscritto un accordo preliminare di acquisto con il Dipartimento di Giustizia (DoJ) statunitense e gli azionisti di Full Tilt Poker, si è ritirato a fine aprile 2012, dopo l’entrata in scena di PokerStars.com.

L’ex presidente di Adidas e Marsiglia, ritenendo il deal con il DoJ ad alto rischio legale (valeva solo per gli States) e finanziario (rischiava di perdere 300 milioni di dollari in solo 90 giorni senza le necessarie garanzie) aveva presentato un piano di rimborso graduale ai giocatori, con il riconoscimento dei saldi dei conti gioco, però non immediatamente prelevabili.

howard-ledererA pochi centimetri dal traguardo (erano già stati effettuati i test sul sito e fondata la New Full Tilt Poker a Malta e in Irlanda) è arrivato il colpo di scena finale con i magistrati statunitensi che hanno preferito la soluzione prospettata da Stars.

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Si continua a trattare ed i più ottimisti sostengono che vi sarà un annuncio dell’accordo ufficiale della vendita nei primi giorni di luglio, magari a Las Vegas durante il Main Event WSOP. Sarà la fine dell’incubo per migliaia di players? Dopo un anno così stressante, per i giocatori vittime di Bitar e soci, è difficile oramai dare credito a qualsiasi voce; solo il tempo potrà rivelarci quale sarà l’epilogo di questa brutta pagina nera del poker online.

Una cosa è certa: dalla revoca della licenza di Full Tilt Poker, il traffico mondiale è calato del 18% e si ha la netta sensazione che il mercato internazionale non sia più ‘dopato’ come dodici mesi fa, quando la seconda room si permetteva di spendere 20 milioni di dollari solo nel marketing e di prestare cifre folli ai propri pro sponsorizzati. Peccato che i soldi ‘investiti’ appartenessero legittimamente ai clienti della room… Il 29 giugno rimarrà sempre un anniversario scomodo per molti...

Dopo il crack di Tilt ed il black-friday, l’industria del poker online rischia di non tornare più sui livelli di un tempo: solo la ‘riapertura’ degli States potrebbe ridare al settore la giusta spinta ma, sotto il profilo politico, il progetto di una legge federale appare credibile solo sulla carta a Washington (in Congresso sono più i contrari dei favorevoli). Molto probabilmente l’apertura in Nevada e in altri stati, potrebbe essere un timido (ma significativo) segnale di ripresa.

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Editor in Chief Assopoker. Giornalista e consulente nel settore dei giochi da più di due decenni, dal 2010 lavora per Assopoker, la sua seconda famiglia. Ama il texas hold'em e il trading sportivo. Ha "sprecato" gli ultimi 20 anni della sua vita nello studio dei sistemi regolatori e fiscali delle scommesse e del gioco online/live in tutto il Mondo.
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