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Klay Thompson

Klay Thompson: “Adoro il poker, ma che mazzate a inizio carriera contro i compagni!”

Gli appassionati di NBA, soprattutto i tifosi dei Golden State Warriors, quest’anno con ogni probabilità non potranno vedere all’opera Klay Thompson. La guardia/ala piccola statunitense è infatti alle prese con il recupero da un brutto infortunio e nella migliore delle ipotesi potrebbe rivedersi in campo ad aprile, poco prima dell’inizio dei playoff – sempre che i Warriors ci arrivino, dato che al momento occupano l’ultimo posto della Western Conference con 4 vinte e ben 19 perse.

La stella americana è stata recentemente intervistata da Maverick Carter di Kneading Dough, a cui ha rivelato la sua passione per il Texas hold’em. La discussione si è sviluppata in qualche modo attorno ad uno dei concetti fondamentali del poker, il bankroll management. A quanto pare, a Klay Thompson quel genere di skill mancava, soprattutto a inizio carriera.

 

 

Klay Thompson e la gestione del bankroll

Thompson ha spiegato a Carter come durante i primi anni da giocatore professionista avesse più di un problema a gestire il denaro che guadagnava. Sembra che Klay avesse un debole soprattutto per i vestiti: “Avevo l’armadio pieno, ma indossavo solo il 5% di quegli indumenti. Ogni tanto mi ritrovavo a chiedere che ci facessi con tutti quei vestiti che non mettevo mai”.

A contribuire alla difficoltà di farsi bastare l’assegno (“il mio primo fu di $35.000, più di quanto potessi mai immaginare”) staccato dai Warriors, ci si mettevano pure “le partite di poker con la squadra”, a cui Klay Thompson partecipava.

“C’erano dei veri squali nel nostro team”, ha raccontato. “Ogni volta che andavamo in trasferta in aereo giocavamo. Era un ottimo modo per cementare lo spirito di gruppo.

“Il poker è competizione”

Il guaio per Klay Thompson era il ritrovarsi contro giocatori piuttosto navigati: “È dura quando sei un rookie, specialmente se giochi contro ragazzi all’ottavo o nono anno di NBA. Ma subentra la competizione, soprattutto nel poker che è un gioco così emotivo.

Insomma, il giovane Klay veniva spesso ripulito e doveva tenere a freno la voglia di rivincita: “Se spendevo più di un buy-in… be’, dovevo dirlo al mio consulente finanziario e non era il caso. È come essere convocati nell’ufficio del capo.

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Alla fine però Thompson ha fatto tesoro dell’esperienza: “Sono migliorato molto, perché mi piace tantissimo giocare a carte”.

Golden State Warriors, passione poker

I Golden State Warriors sono una delle franchigie NBA più contagiate dalla passione per il Texas Hold’em. Per esempio, David Lee (marito di Caroline Wozniacki ed ex ala grande/centro NBA) faceva parte dei Warriors quando Klay Thompson muoveva i suoi primi passi nel professionismo. Lee era così amante del poker da farsi allenare nientemeno che da Phil Hellmuth.

Anche Chamath Palihapitiya, uno degli azionisti di minoranza del team, non disdegna qualche capatina al tavolo verde. In carriera, Palihapitiya puà vantare tre piazzamenti a premio alle WSOP e persino la partecipazione il alcune delle più ricche partite cash di Las Vegas. Lo stesso Hellmuth qualche anno fa ha regalato a Palihapitiya uno dei suoi braccialetti WSOP, il numero 13 per la precisione.

Infine, di recente Draymond Green, ala grande/centro degli Warriors, ha partecipato ad un episodio del Poker After Dark, mentre il team al completo ha organizzato un evento di poker di beneficienza durante il quale sono stati raccolti ben 2 milioni di dollari per supportare l’educazione e lo sviluppo dei bambini in difficoltà.

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