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Liquidità condivisa tra Italia e Francia? No grazie! Tasse senza senso, rake insostenibile per i players

Vi spieghiamo perché siamo contrari alla liquidità internazionale nel poker online tra Italia e Francia: se fosse realizzato il progetto, i giocatori italiani sarebbero tartassati dalla rake troppo alta e il mercato chiuderebbe i battenti entro un anno e mezzo, considerando che anche gli operatori registrerebbero forti perdite, con un danno enorme per l’erario.

Le due piattaforme non sono compatibili per via di un diverso sistema di calcolo della tassazione. In questo modo sarebbe impossibile – tecnicamente – distinguere la rake ai tavoli. Dovrebbe essere applicato un unico prelievo e l’Italia si dovrebbe adeguare al sistema fiscale francese (senza senso). Per questo meglio girare pagina e puntare su un accordo fattibile e realistico con Gran Bretagna o Danimarca per avere accesso al field del dot com/eu.

Il modello francese non funziona da sei anni come dimostrano i numeri.

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Per anni abbiamo atteso una svolta politica in Francia e negli altri paesi europei, riguardo ad un atteggiamento diverso per quanto concerne la liquidità internazionale nel poker. Senato e Assemblea Nazionale a Parigi hanno dato il via libera alla nuova legge digitale che prevede anche la possibilità di condividere il field con altri stati dell’Unione o dello Spazio Economico Europeo. Ora la scelta spetta all’Italia se siglare un accordo con la Francia o meno.

Trattative avanzate tra i due paesi

Sotto il profilo politico le parti sono molto vicine, vi abbiamo già rivelato l’indiscrezione che l’Italia e la Francia stanno parlando in maniera serrata del progetto, le trattative sono in fase avanzata.

L’Arjel avrebbe convinto a Parigi (nell’ultimo summit con gli enti regolatori europei) i nostri dirigenti a prendere in seria considerazione l’offerta transalpina. A nostro modo di vedere però non vi sono i presupposti tecnici per andare avanti.

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Ostacoli tecnici e fiscali: a pagare il conto sono gli italiani?

Come vi abbiamo anticipato nella giornata di venerdì, nostre fonti autorevolissime ci hanno assicurato che non esiste una soluzione tecnica per calcolare la rake in due modi diversi. In poche parole, la rake deve essere unica e le rooms francesi ed italiane devono prevedere un sistema comune. I cugini però applicano un sistema fiscale illogico che negli ultimi 6 anni ha arricchito solo lo Stato ma portato in perdita 7 operatori su 9, con una rake talmente alta da far fuggire i players. Ora i francesi venderebbero questa possibilità per convincere gli operatori a rimanere e mantenere la tassazione immutata. Bella mossa ma a spese dei players italiani.

Secondo voi, i politici transalpini rinunceranno mai a tali entrate fiscali? Voteranno mai una legge in Senato che abbassa le tasse in un settore a loro poco gradito?

Gli addetti ai lavori sono convinti che, in caso di accordo, sarà l’Italia ad aumentare la tassazione (e di conseguenza la rake per i giocatori). Impossibile – ci assicurano – vedere il Parlamento francese fare un passo indietro nell’e-gaming.

La pressione fiscale potrebbe aumentare del doppio in un settore in crisi

Di fatto quindi, serve armonizzare il sistema. Come detto, l’alternativa è solo una: o la Francia si adegua (ipotesi quasi del tutto irrealistica) al sistema fiscale italiano (prelievo del 20% sul rake lordo) o le nostre piattaforme devono applicare la folle tassazione adottata a Parigi e dintorni: il 2% sul pot va allo stato francese in questo momento. Cosa significa? Raddoppiare (in alcuni casi triplicare) la pressione fiscale nel cash game italiano, mercato in crisi da almeno 4 anni. Di fatto, vorrebbe dire aumentare in maniera verticale la rake e chiudere i battenti nel giro di un anno e mezzo, nella migliore delle ipotesi.

La crisi non si risolve con scelte superficiali

Il problema però è proprio la crisi che ha colpito il cash nel nostro paese: nessuno si è mai sognato di provare a risolverla alla radice, negli ultimi 4 anni. Ed ora questo progetto italo-francese sarebbe uno spot perfetto agli occhi dell’opinione pubblica, ma solo fumo negli occhi per molti giocatori ignari a cosa andrebbero incontro: rake insostenibile nel lungo periodo e fuga degli operatori dal mercato italiano. O si trova una soluzione tecnica che preserva il nostro sistema o è meglio non vendere sogni ma studiare un’alternativa seria sulla liquidità internazionale e non optare sulla scelta più facile e superficiale, ma deleteria per il poker italiano. Mai come in questo momento, in Italia si devono tutelare equilibri fragilissimi che garantiscono entrate fiscali sempre ingenti.

Editor in Chief Assopoker. Giornalista e consulente nel settore dei giochi da più di due decenni, dal 2010 lavora per Assopoker, la sua seconda famiglia. Ama il texas hold'em e il trading sportivo. Ha "sprecato" gli ultimi 20 anni della sua vita nello studio dei sistemi regolatori e fiscali delle scommesse e del gioco online/live in tutto il Mondo.
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