Due anni fa il tanto sospirato cash game faceva finalmente il suo approdo sulle poker room italiane: fu un esordio tribolato, a causa di problemi tecnici, ma accolto con enorme entusiasmo da parte dei giocatori.
Nel giro di 24 mesi l'evoluzione di questa variante è stata molto rapida, al punto che i nodi di un mercato ristretto e dalla liquidità piuttosto frammentata sono forse venuti al pettine anche prima del previsto.
Se infatti - seguendo la logica dei professionisti - era logico attendersi che le vincite dei primi mesi fossero difficilmente replicabili in quelle proporzioni nel lungo periodo, il vistoso calo del traffico che oggi è sotto gli occhi di tutti era difficilmente prevedibile, almeno in questa misura.

I numeri, in questo senso, parlano chiaro. Secondo i dati riportati da Agimeg, infatti, la spesa effettiva nel 2013 è calata di circa un terzo rispetto ad un anno fa, arrivando a circa 84 milioni di euro. Complessivamente, in questi due anni il cash game ha generato una raccolta di 15,8 miliardi, ed una spesa di 421 milioni.
Le ragioni di questa flessione sono certamente molteplici. Da un lato, il poker online non gode più della visibilità mediatica del passato, se non quando la chiara intenzione è quella di demonizzarlo. Dall'altro, oltre ad una naturale perdita dell'effetto "novità", non si può non pensare che questo calo sia correlato anche al lancio in dicembre delle slot machines virtuali.
Quest'ultime hanno letteralmente trainato il settore dei giochi da casinò, tanto che secondo quanto riportato da Agimeg "il segmento sta registrando una crescita del 73% rispetto al 2012".
Spegnendo le candeline di questa torta immaginaria, quindi, desiderare la condivisione della liquidità internazionale con la nascita del famoso ".eu" appare perfino scontato: non si tratta di una chimera, ma prevederne i tempi oggi quello sì, sarebbe azzardo.