Riccardo Trevisani da protagonista nelle migliori WSOP italiane di sempre
Per la prima volta è stato davvero protagonista anche alla Mecca del Poker, Las Vegas. L'estate e le WSOP di Riccardo Trevisani non sono state però indimenticabili solo per ragioni personali, ma anche per altre motivazioni. Una si chiama Marco Bognanni, amico di sempre nel mondo del poker che ha accompagnato in un sogno terminato al secondo posto. Anche l'altra è terminata con un secondo posto, e ovviamente si chiama Dario Sammartino.
Lo hai seguito da Milano tra una puntata e l'altra di Calciomercato?
No, l'ho seguito dalle Maldive dove mi trovavo in vacanza. Una pausa tra i ritmi irreali di Las Vegas e quelli infernali del ritorno al lavoro. Nonostante fossi con 12 ore di fuso non mi sono perso una singola mano del final table, svegliandomi alle 6 del mattino e tifando dal primo all'ultimo momento. Spiace tanto e paradossalmente il fattore economico (sempre primario nel poker) è quello che conta meno. Per Dario 4 milioni in più in tasca spostavano ma fino a un certo punto. Il braccialetto del Main Event, quello sì, avrebbe cambiato tutto.
Da comunicatore che conosce la situazione del poker e del gioco in Italia, secondo te il braccialetto avrebbe potuto cambiare davvero qualcosa?
Non saprei dirti a che livello, ma per alcuni versi sicuramente sì. In generale ha fatto venire o tornare la voglia di giocare a molti, e se avesse vinto sarebbero stati fatalmente di più. Inoltre, in caso di vittoria, avremmo sicuramente fatto qualcosa su di lui con Sky. Il mio rammarico è anche per quello, perché l'Italia è un po' il paese del risultato, un paese in cui se arrivi primo o secondo fa tutta la differenza del mondo.
Ma a te brucia di più quel 42° posto o il fatto di non aver potuto giocare il Main Event?
Ma senza alcun dubbio la prima e lo puoi scrivere in stra-maiuscolo. Soprattutto perché il Main avevo già pianificato di non giocarlo, avendo prima del mio arrivo pianificato un programma in cui avevo inserito tutti buy-in inferiori a 1.500 dollari.
Se per assurdo potessi toglierti un difetto pokeristico "chirurgicamente", quale elimineresti?
Mi “allungherei” la durata del mindset, senza dubbio. Io la pazienza riesco anche ad avercela ma solo a strappi. E poi tendo a non utilizzare gli strumenti che avrei per cercare di invertire la rotta. O meglio, credo come molti amatori quando sono in rush a un certo punto assumo un atteggiamento negativo, convinto che presto la run terminerà. Ma non riesco a farlo quando invece sono in momenti negativi, e sarebbe fondamentale.
Ma hai sempre l'abitudine di giocare tutte le mani nei primi livelli e poi arrivare corto e chiuderti quando si giocano i soldi? Mi spiego meglio: credo che in fin dei conti a te (ma anche a me, magari) diverta giocare così. Ma se ti dicessero: migliora qui, qui e qui, giocherai meno mani ma vincerai di più. Riccardo Trevisani riuscirebbe a divertirsi anche giocando più tight?
La ragione principale per cui gioco tendenzialmente troppo loose è semplice: se per molti di voi i weekend disponibili in un anno per giocare a poker sono tanti, per me sono 6. Dunque, spesso, quando gioco ho un po' la smania. E poi sono umorale: ad esempio, se faccio un bel bluff poi trovo la forza di essere disciplinato nelle mani successive.
Ma tu cosa ti senti di essere a poker?
Non mi sento forte in assoluto per una unica e grande ragione: non ho la testa per combattere 10 ore in focus e con positività. Rispetto agli amatori puri però ho dei vantaggi notevoli come per esempio il fatto di avere amici molto forti con cui da sempre mi confronto e parlo molto di poker, da Marco Bognanni a Erion ad Alessio Fratti eccetera. Parlare con ragazzi che vincono regolarmente da anni ti migliora, senza dubbio. Un altro vantaggio che adoro è il fatto di apparire un occasionale. Ti diverti, gli altri amatori ti amano e gli skillati potrebbero sottovalutarti. Undereppare se stessi è fondamentale.
Ho uno spot da sottoporre alla tua attenzione. Sei chipleader al tavolo finale del Main Event WSOP e, dopo fold generale, il secondo chipleader manda resto per 50 bui da small blind. Tu sei sul big blind, spilli AA e foldi. Ecco, secondo te ha più senso questa cosa oppure tutta la telenovela Icardi?
(Seguono un paio di minuti di risate, quindi Riccardo si riprende e risponde seriamente) Credo che tutto nasca da una serie di incredibili errori che hanno commesso sia lui che lei, nei confronti sia della società che dei compagni. Dalle dichiarazioni sui social, alle cose da spogliatoio spiattellate da lei in TV, è una fiera degli orrori che ha prodotto tutto questo.
Pensi che sia un giocatore ormai cronicamente disfunzionale, oppure in un altro contesto può risorgere? Magari a Napoli...
Scherzi? Avrà tante di quelle motivazioni da volere spaccare tutto. Sì, penso possa essere assolutamente recuperabile. A Napoli? Non so, lì hanno Milik che mi piace molto. Voglio dire, Icardi è più bomber ma il polacco ha piedi migliori. Dunque, se io ho Milik non metto su quell'ambaradan per prendere Icardi.
Domanda di rito che ti faccio praticamente ogni anno: il nome di un giocatore che secondo te esploderà – o farà il salto di qualità – nel prossimo campionato.
Senza esitazioni dico Joaquin Correa della Lazio.
Prima, a proposito di Sammartino, hai parlato dell'Italia come paese in cui tutti guardano al risultato. Ma nel calcio tu fai parte del club dei “risultatisti” alla Allegri o dei “giochisti” come il tuo amico Adani?
In generale sto sempre dalla parte di quelli che giocano. Lo sono sempre stato anche prima di fare questo lavoro, dunque molto prima di incontrare Lele. Poi, dovendo per lavoro commentare le partite di calcio, farlo di fronte a determinate idee è ancora più bello. In linea generale un conto è commentare Simeone vs Allegri, un'altra Klopp vs Guardiola...