L'ormai consolidata vendita di action per i tornei, il cosiddetto staking, non è più un affare riservato a chi vuole abbattere i costi delle trasferte e più in generale dei Buy In dei tornei ai quali si vuole partecipare, per affrontare con più tranquillità tali eventi.
In alcuni casi vi è l'esigenza, dettata più da vezzi personali che da effettivi bisogni economici, di mettere in vendita percentuali del proprio spending, in modo tale da creare uno zoccolo duro di una fan base che in qualche caso ha bisogno di essere confermata e/o corroborata da nuovi adepti.
La pratica dello staking
Intanto occorre mettere in chiaro, per chi non lo sapesse, come si sviluppa tale pratica.
Il giocatore interessato, che diventa automaticamente lo stakato, comunica solitamente il torneo, o il pacchetto di tornei, al quale vuole partecipare, poniamo il caso, per comodità, che decida di partecipare ad un evento da $10.000 di costo di iscrizione.
Di questa somma vuole investire solo la metà, fate conto, dunque, $5.000, il motivo non è importante, dipende caso per caso, c'è chi lo fa, come appena detto, per farsi seguire dai propri tifosi, chi vende action ad amici e parenti che rimangono a casa, c'è chi ha degli accordi ormai consolidati da tempo con colleghi con cui scambia quote da tanto tempo, e ci sono anche quei giocatori che utilizzano dei siti specializzati che fanno il lavoro sporco per loro, raccogliendo, dietro ovviamente un compenso, la percentuale messa a disposizione da chi partecipa al torneo, la quale viene acquistata da perfetti sconosciuti, gli staker, che, esattamente come se fosse una poker room, vedranno innalzare il proprio conto nel caso in cui il proprio cavallino andasse In The Money.

Ci sono tutta una serie di implicazioni che non staremo qui ad analizzare, come ad esempio le tasse su tali vincite che cambiano di Paese in Paese sia di location del torneo, che di residenza del giocatore, oppure il markup, che è quel sistema che fa propendere il giocatore a vendere una percentuale maggiore di action in funzione della propria bravura e della propria conoscenza del gioco e, ovviamente, dei risultati, che può mettere sul tappeto in sede di accordo con gli acquirenti, alle volte atte ad abbattere le spese vive della trasferta, altre a riconoscere la bravura stessa del giocatore, ulteriore percentuale che non verrà riconosciuta in caso di dividendo da riconoscere al compratore.
Negreanu e Ivey vendono action
Due che sulla carta non dovrebbero avere problemi a pagarsi da soli i tornei, sono Daniel Negreanu e Phil Ivey, in vista degli appuntamenti di fine stagione che sono tutt'altro che secondari, anche se i due giocheranno con ogni probabilità eventi di diversa caratura.
Abbiamo parlato nelle scorse settimane della presenza di Phil Ivey al WPT Big One For One Drop da un milione di dollari di costo di iscrizione, con tanto di presentazione in pompa magna e che si svolgerà al Wynn di Las Vegas. Bene, lo statunitense sta vendendo l'uno per cento di questo torneo, circa $10.000.
Negreanu sarà invece il principale promotore delle WSOP Paradise alle Bahamas, nell'ormai super battuta struttura dell'Atlantis Paradise Island e, a fronte degli 800.000 dollari che ha deciso di investire per partecipare alla kermesse caraibica, ha messo sul tappeto tramite la piattaforma Pokerstake, il 25% dell'action.
Ma non è tutto, come scrive codigopoker.com, anche altri campioni affermati come Fedor Holz, Alex Foxen, Espen Jorstad, Jonathan Little e Jeremy Ausmus, sono caparbiamente decisi a vendere action a favore di chi vorrà seguirli da casa.
Vediamo chi punterà sul cavallo migliore.