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Ivey story (3a puntata): Phil diventa un cavallino di Barry Greenstein e distrugge gli high stakes all’ Hustler Casino

Nei primi  anni 2000, il giovane Phil Ivey viene attratto dagli high stakes californiani ospitati dal produttore ed editore pornografico Larry Flynt: il Seven Card Stud è il suo gioco (aveva distrutto i giochi cash ad Atlantic City in quella variante dopo un inizio difficile) e sembrano un invito a nozze per le sue ambizioni, ma il ragazzino ha problemi di bankroll. Così viene schiacciato dagli squali californiani e perderà tutto in poche ore all’Hustler Casinò di proprietà proprio del magnate della rivista che fa concorrenza a Playboy.

Chi non ha problemi di bankroll è Barry Greenstein ed è seduto ad uno di quei tavoli da anni. Vi abbiamo raccontato che il buon Barry ha fatto la sua fortuna proprio grazie agli home games più esclusivi di Los Angeles.

Barry non è solo un abile programmatore ma è anche un giocatore molto forte ed in queste partite private vincerà parecchi soldi, a tal punto da costruirsi un bankroll per il resto della carriera.

Il segreto della riscossa di Ivey

Ivey racconterà quei giorni difficili della sua carriera ed anche la sua riscossa ma Phil ometterà un particolare importante di questa storia: a finanziare la sua rinascita è stato proprio Barry Greenstein.

 

Quello che diventerà noto come il “Robin Hood del poker” aveva visto nel giovane pro californiano (cresciuto però in New Jersey) un grandissimo talento ed era alla ricerca di cavallini che potessero giocare per lui nelle partite più ricche, visto che alcune “balene” si rifiutavano di giocare contro di lui perché oramai troppo vincente.

Il debito da mezzo milione di dollari

Greenstein rivela: “mi doveva $500.000 ma ero sereno perché avevo percepito il suo talento e sapevo che sarebbe stato in grado di vincere”.

Però le cose non sembrano andare bene ed anche la fede dell’ex pro di PokerStars ad un certo punto vacilla: “Phil gioca – racconta Barry – al casinò Husler a limiti stratosferici, ma le cose vanno male e gli rimangono solo $150.000. Lo avviso: se perdi ancora una volta non giocherai più”. Di male in peggio.

L’ultima mano e lo slinding door della carriera

Entra nella sessione e perde quasi tutto, rimane con gli spiccioli. “Flynt annuncia l’ultima mano della notte e si scontra con Ivey” racconta Greenstein. E’ la mano della vita per Phil, un vero e proprio sliding door. Se vince si guadagna la possibilità di giocare un altro giorno nelle partite più ricche del Mondo, se perde è fuori, forse per sempre.

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La mano di Ivey è debole ed arriva al river sudando ma Flynt non ha nulla e bluffa al river per 8.000 bigliettoni. I fantasmi di “No Home Jerome” sono dietro l’angolo ma Phil non ha paura, non ci casca, mette tutte le sue chips al centro del tavolo e vince, guadagnandosi un altro giorno di “lavoro” nell’Olimpo high stakes californiano.

Da quel momento la run di Ivey sarà inarrestabile e farà la sua fortuna e quella di Greenstein.

Fine terza puntata – continua

Phil Ivey Story  – prima puntata

Phil Ivey Story – seconda puntata

Leggi qui la storia completa di Phil Ivey!

Editor in Chief Assopoker. Giornalista e consulente nel settore dei giochi da più di due decenni, dal 2010 lavora per Assopoker, la sua seconda famiglia. Ama il texas hold'em e il trading sportivo. Ha "sprecato" gli ultimi 20 anni della sua vita nello studio dei sistemi regolatori e fiscali delle scommesse e del gioco online/live in tutto il Mondo.
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